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etcetera

     

samedi, janvier 11, 2003

 
Emergency nel mondo

dalla newsletter di Emergency, Allistante


Ultimi aggiornamenti dalle nostri missioni in Nord Iraq, Cambogia, Afganistan, Sierra Leone e Algeria. Per sentirci tutti piů vicini al
nostro staff, ai pazienti degli ospedali, alle donne e ai bambini che soffrono per le conseguenze di una guerra e che ci confermano, ogni giorno, la necessitŕ della pace.

Nord Iraq

Procede la costruzione dei due nuovi reparti per ustionati adulti a Erbil e Sulaymania, anche se a rilento per via dell'improvviso crollo del dollaro rispetto al dinaro iracheno che, aggiunto alle incertezze sul futuro del paese, rende ancora piů preoccupante la situazione dei curdi iracheni. La gran parte delle attivitŕ economiche in questa regione dell'Iraq - nella quale Emergency dal 1996 gestisce due centri chirurgici, due Centri di riabilitazione e 20 Posti di primo soccorso - č svolta da organismi internazionali che pagano le prestazioni in dollari. Perciň il nuovo cambio crea una situazione sfavorevole a tutti coloro che lavorano per le organizzazioni internazionali, tra questi le imprese di costruzione che hanno proclamato uno sciopero generale, causa del rallentamento
nei lavori alle strutture di Emergency. Tra le novitŕ anche il rinnovo del contratto con l'agenzia delle Nazioni Unite UNOPS che fino al 30 settembre 2003 garantirŕ il normale funzionamento delle strutture in Nord Iraq con l'esclusione dei reparti ustionati adulti in costruzione.

Cambogia.

In dicembre si č registrato il numero piů alto di ammissioni nella storia del Centro chirurgico di Battambang: 170 pazienti tra cui molti
inviati dal Ministero della Sanitŕ. L'accordo con le autoritŕ sanitarie cambogiane infatti prevede che, oltre alle vittime di guerra
(feriti da mina, da pallottola e da scheggia) che sono in media circa 15 al mese e ai pazienti di chirurgia ortopedica (poliomieliti e
deformazioni congenite) selezionati dallo staff di Emergency, si accolgano anche casi mandati dal Ministero, sempre piů numerosi. Un ulteriore segno della stima e dell'apprezzamento che il programma di Emergency in Cambogia hanno saputo conquistare in quattro anni di attivitŕ.

Afganistan

Sono a buon punto i lavori del nuovo Centro di maternitŕ nel Panshir, che sorgerŕ a fianco del Centro chirurgico di Anabah. A Kabul il
Centro chirurgico funziona a pieno ritmo e accoglie i feriti da mina, pallottola e scheggia e la traumatologia d'emergenza. Un terzo
ospedale di Emergency č in allestimento a sud del paese nella zona pashtun ad ovest di Kandahar (a Laskar-Gah). Prosegue intanto
l'intervento nelle carceri nel Panshir, a Kabul e a Shebergan, nella regione di Mazar e Sharif. E prosegue anche l'espansione della rete dei Centri sanitari e Posti di primo soccorso (hanno raggiunto quota 20) dislocati nelle zone piů minate, piů isolate e piů povere del paese. In ognuna di queste postazioni la popolazione puň ricevere cure e farmaci di base gratuiti e trova sempre personale sanitario e ambulanze per il trasporto dei feriti nei Centri chirurgici di Emergency. In alcuni dei villaggi dove sono o saranno aperti nuovi Centri sanitari abbiamo anche cominciato a ristrutturare qualche edificio scolastico. I primi lavori sono stati da poco avviati nella
scuola del villaggio di Anabah dove i bambini per anni sono andati a lezione in poche aule, fatiscenti, senza tetto, pavimento né banchi.

Sierra Leone

Il 15 novembre c'č stata l'inaugurazione ufficiale del Centro chirurgico di Goderich, una grande festa in stile africano in cui si č
potuto presentare il bilancio di una anno di attivitŕ dell'ospedale: piů di 1000 ricoveri, oltre 10.000 visite nell'ambulatorio chirurgico
e 8000 in quello medico pediatrico aperto a febbraio a fianco del Centro chirurgico. Il presidente della Sierra Leone Ahmed Kabbah non č potuto venire all'inaugurazione, sostituito da una simpatica e molto affabile Ministra della sanitŕ, ma ha fatto la sua visita informale nelle corsie dell'ospedale qualche settimana piů tardi perché uno dei suoi dipendenti č stato ricoverato da noi per un incidente. Il presidente deve aver apprezzato l'ospedale e soprattutto verificato i gravi problemi di capienza che stiamo affrontando: dopo qualche giorno infatti anche il Ministro delle pianificazione territoriale ha visitato l'ospedale. Forse un segnale che č in arrivo il tanto atteso terreno che ci consentirŕ di espandere la struttura con due nuove corsie.

Algeria

Centro Protesi per le vittime del terrorismo.
Nel mese di giugno abbiamo effettuato, su invito delle autoritŕ sanitarie di Medea e del Ministero della sanitŕ algerino, una prima
visita a Medea e ad alcuni centri di riabilitazione nella cittŕ di Algeri. Scopo della missione era di valutare lo stato dell'arte dei
servizi di riabilitazione ad Algeri e le necessitŕ nella provincia di Medea. Questa č una delle province maggiormente colpite dal terrorismo che ha causato negli anni un elevatissimo numero di morti ma anche di amputati da esplosione. Sulla base dei dati forniti dalle autoritŕ sanitarie locali la lista di amputati in attesa di una protesi e di una adeguata riabilitazione fisica conta oltre duecento persone. Il numero aumenta in modo significativo se si includono gli amputati per cause diverse. Emergency ha effettuato nel mese di dicembre una seconda missione durante la quale ha siglato un accordo di cooperazione con il dipartimento della sanitŕ di Medea, sotto l'egida del Ministero della Sanitŕ algerino, finalizzato alla creazione di un centro protesi e riabilitazione presso il centro ospedaliero di Medea. La struttura destinata ad accogliere il centro č giŕ esistente e necessita di minime modifiche interne. I macchinari, i materiali e i componenti di protesi sono stati acquistati sul mercato europeo, mentre alcune attrezzature e complementi di arredo saranno recuperati sul mercato locale. Lo staff tecnico di Emergency partirŕ per Medea nella seconda metŕ di gennaio per avviare le fasi di installazione dei macchinari e di selezione dei tecnici locali, con l'intenzione di diventare completamente operativi nell'arco di tre mesi.


lundi, janvier 06, 2003

 
Editoriale d'Igor Man, La Stampa

Credere anche nella pace

«Il viaggio dei Magi puň indicarci una rotta spirituale verso la Pace». Cosě il Papa. Colmo della sapienza dei Patriarchi, Karol Wojtyla sa che i Magi non erano «re», bensě ambasciatori di sovrani desiderosi di ingraziarsi il «re dei re»; avevano indossato vesti regali per esaltare i doni che recavano al Grande Atteso, ma giunti alla mangiatoia colsero il messaggio del Bambino umanizzato da Dio suo Padre. E divennero missionari. Di Pace. Nel Presepio i Magi sono tre ma si vuole che fossero «almeno quattro». Giovanni Paolo II (l’ho giŕ scritto) mi fa pensare al quarto dei Magi. Mia madre, russa ortodossa, mi raccontň la sua storia favolosa. Artaban si chiamava ed era un persiano sacerdote di Zoroastro. Comparsa la stella, si mette in viaggio per raggiungere gli altri tre ambasciatori di lontanissimi sovrani, potenti ma intimamente consapevoli del primato di Gesů.

A poche ore dall’appuntamento coi tre, Artaban inciampa in un ebreo orrendamente ferito. Soccorre il moribondo che guarisce e lo ringrazia rivelandogli che il Messia sarebbe nato a Betlemme. Mancato l’appuntamento con Gaspar, Melchior e Balthasar, il quarto vende uno dei diamanti destinati al Bambino, allestisce una nuova carovana. Arriva a Betlemme ma vi infuria la strage degli Innocenti. Al prezzo d’un rubino, salva la vita a un infante corrompendo il centurione che stava per sgozzarlo. Ad Artaban non rimane che un ultimo tesoro, una perla assai rara con la quale spera di salvare Gesů dalla croce. Ma sul Golgota un fanciullo lo implora di riscattarlo dalla schiavitů e lui sacrifica la perla. In quel preciso momento «egli si avvede, incredulo, felice, d’essere stato ammesso, per primo, alla presenza del re tanto atteso e cercato: Gesů».

Morale: Artaban č giunto in ritardo a Betlemme ma č arrivato in anticipo sulla Resurrezione. Wojtyla, come il quarto dei Magi, ha sacrificato al Vangelo il bene piů prezioso: la salute, ma con la sua profetica fatica ha fissato il tempo della rinascita. Il Papa implora la Pace, gli fanno eco, ipocritamente, quelli che stanno giŕ facendo la guerra. Epperň, proprio in queste ore di Epifania, a Baghdad, indifeso ostaggio d’un dittatore mesopotamico, un gruppo di americani si incontra con quella disgraziata gente. Appartengono a «Families for Peaceful Tomorrows», comitato dei congiunti degli Innocenti massacrati in tremila, l’11 di settembre del 2001.

Vogliono sincerarsi che «l’Iraq non č Saddam ma altre persone, un popolo con speranze, sogni, famiglie, proprio come noi», dice per tutti Terry Rockfeller che al Wtc ha perso sua sorella Laura. «Gesů č contemporaneo ad ogni epoca», afferma Giovanni Paolo II: la novitŕ vera č questa. Da Ground Zero a Baghdad, per la Pace, nel segno della Parola grazie alla quale «Gesů non č soltanto dalla parte del Mistero di Dio di fronte all’uomo, ma altresě dalla parte dell’uomo di fronte al Mistero di Dio». Viviamo un tempo boreale, la guerra č dietro l’angolo, rischiamo di arrivare in ritardo alla Pasqua di Resurrezione. Epifania vuol dire anche «manifestazione». Di luce, nel buio di noi, epperň le esplosioni mortali accese da anime perdute, ieri, in Tel Aviv, sinistramente somigliano a fuochi fatui nel cimitero d’ogni speranza. Ancora una strage di innocenti ebrei. Sappiamo, tuttavia, che dal grembo insanguinato della guerra, č sempre nata la Pace, sconfiggendo il terrore.

"Su cio' di cui non si puo' parlare, non si deve tacere... ma si deve scrivere"

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