RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULL’AFGHANISTAN: L’AZIONE DELLA POLIZIA PER PROTEGGERE I DIRITTI UMANI
Amnesty International ha presentato oggi a Kabul un nuovo rapporto dal titolo “La ricostruzione delle forze di polizia e’ essenziale per la difesa dei diritti umani”. Dopo oltre due decenni di conflitto armato, durante i quali i diritti umani sono stati sistematicamente violati, l’Afghanistan necessita di un sistema giudiziario funzionante ed efficiente che protegga e promuova i diritti umani e di forze di polizia a
disposizione della comunita’ che costituiscano parte integrante di tale sistema.
Le forze di polizia, il sistema carcerario e i tribunali dell’Afghanistan, quasi completamente distrutti dal conflitto, oggi non offrono di fatto alcuna protezione alla popolazione del paese. Non solo la polizia e’ incapace di garantire la difesa dei diritti umani in Afghanistan, ma alcuni suoi membri sono direttamente coinvolti nelle violazioni dei diritti umani, tra cui torture e maltrattamenti durante la custodia o il ricorso a percosse e alla somministrazione di corrente elettrica nel corso degli interrogatori.
I molteplici problemi che riguardano la polizia non consentono agli agenti di svolgere il proprio compito in modo rispettoso dei diritti umani. I salari non vengono pagati e le stazioni di polizia di ogni parte del paese sono prive anche del materiale di base come carta e penne. La mancanza di una formazione sufficiente, anche su come proteggere i diritti umani, e’ un ostacolo enorme allo sviluppo di un
servizio di polizia funzionante, mentre la completa assenza di strutture per l’amministrazione della giustizia permette a chi viola i diritti umani di continuare a commettere abusi senza affrontare la giustizia.
“Per interrompere il ciclo dell’impunita’ che dura ormai da piu’ di venti anni e’ necessario che i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano chiamati a risponderne” - ha affermato Amnesty International, che ha chiesto alla comunita’ internazionale di aumentare il sostegno per la ricostruzione delle forze di polizia, essenziale per i diritti umani.
“La ricostruzione di una forza di polizia professionale che rafforzi il ruolo della legge in tutto il paese, e’ un problema urgente che le autorita’ afgane devono risolvere in maniera prioritaria. Ma non possono farlo da sole. La comunita’ internazionale deve provvedere ai finanziamenti necessari al supporto tecnico e impegnarsi per un lungo periodo nella ricostruzione” - ha sottolineato l’organizzazione per i diritti umani. “La sfiducia nei confronti della polizia e’ assai diffusa nella popolazione e se i problemi evidenziati nel nostro rapporto non verranno affrontati immediatamente, la situazione si aggravera’.”
Ulteriori informazioni:
Alla Conferenza internazionale sull’assistenza per la ricostruzione dell’Afghanistan, svoltasi a Tokyo nel gennaio 2002, la Germania accetto’, su richiesta dell’Amministrazione provvisoria afgana, di guidare l’assistenza alla ricostruzione delle forze di polizia del paese. Il Progetto tedesco per il sostegno alla polizia in Afghanistan ha fornito supporto tecnico e finanziario e consulenza alle azioni di
polizia dell’Amministrazione provvisoria afgana. Il Progetto ha anche previsto la ricostruzione dell’Accademia di Polizia a Kabul per addestrare 1500 agenti di polizia. Anche altri donatori, tra cui gli Stati Uniti, si sono concentrati sull’addestramento, tralasciando pero’ molte altre aree essenziali, come l’importante costituzione di meccanismi di responsabilita’ e meccanismi di supervisione civile.
In Afghanistan vi sono oltre 50.000 poliziotti, ma essi non si comportano come un corpo unitario di polizia. Molti sono ex Mujahideen, che hanno una grande esperienza militare ma poca o nessuna formazione professionale di polizia. La loro lealta’ e’ diretta ai potenti comandanti regionali, con i quali hanno combattuto contro i Talebani. Questi comandanti sono stati in grado di mantenere il controllo delle province, riempiendo il vuoto lasciato dalla partenza dei Talebani, mentre il governo ha assunto l’effettivo controllo su Kabul.
Molti di questi Mujahideen hanno preso parte al conflitto armato per la maggior parte della loro vita e sono abituati ad agire dell’impunita’. Anche se in tutto il paese vi sono agenti di polizia altamente impegnati, essi sono in minoranza e la loro presenza e’
insufficiente per fronteggiare l’opprimente mole di problemi che ritardano la necessaria riforma e professionalizzazione della polizia. segnalato da una MenteLunatica alle 8:59 PM
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mercredi, mars 12, 2003
Perché un forum alternativo mondiale sull’acqua?
Ecco perché abbiamo deciso di non partecipare al 3° Forum Mondiale dell'Acqua promosso dal Consiglio Mondiale dell'Acqua
Negli ultimi cinque anni la problematica dell'acqua é cresciuta in termini di presa di coscienza e di mobilitazione dei cittadini, soprattutto da parte di coloro che in America Latina, Asia ed Africa sono vittima di uno "sviluppo" che non permette, a piů di 1,5 miliardi di esseri umani, di avere accesso all'acqua potabile e a 2,4 miliardi di non beneficiare di alcun servizio sanitario.
Il Vertice di Johannesburg sullo sviluppo "sostenibile" ha dimostrato l'incapacitŕ strutturale, sul piano dei valori e delle scelte politiche prioritarie - da parte dei gruppi sociali dominanti e fedeli dichiarati della nuova teologia universale neoliberista - di realizzare lo sradicamento della povertŕ nel mondo e, per conseguenza, di permettere ad ogni essere umano di accedere al diritto di vivere e di partecipare degnamente alle decisioni relative al suo divenire e a quello della societŕ. Non sarŕ certamente il 3° Forum Mondiale dell'Acqua che si terrŕ a Kyoto (dal 17 al 22 marzo 2003) a cambiare le decisioni prese a Johannesburg.
Anzi, creatura del Consiglio Mondiale dell'Acqua e del Global Water Partnership, a loro volta istituzioni internazionali create su iniziativa della Banca Mondiale e delle grandi imprese multinazionali private dell'acqua (in testa le imprese francesi), con il sostegno di Governi quali la Francia, il Canada, gli Stati Uniti, il Messico, il Giappone e l'Egitto, e delle organizzazioni delle Nazioni Unite attive nel settore (UNESCO, FAO, OMS, UNDP, UNEP...), il Forum Mondiale dell'Acqua attuale é soprattutto l'espressione della nuova oligarchia mondiale dell'acqua, affermatasi negli ultimi anni. Questa oligarchia pretende di definire e mettere in atto la politica mondiale dell'acqua, conformemente al modello da essa considerato il piů efficace e razionale, cioč il modello della privatizzazione della gestione dell'insieme dei servizi d'acqua denominato "PPP" (Partenariato Pubblico Privato).
Il PPP corrisponde in generale al modello francese di privatizzazione dell'acqua, con in piů "un pizzico" di privatizzazione all'inglese. In realtŕ, il modello di privatizzazione PPP ha dimostrato di non essere altro che uno strumento efficace di presa di controllo "politico", oltreché economico, delle risorse idriche del pianeta da parte delle imprese private multinazionali. Il Forum Mondiale dell'Acqua di Kyoto sarŕ un'ennesima celebrazione rituale del primato del mercato, del capitale, dell'investimento privato, dell'iniziativa imprenditoriale, e della proclamazione dell'acqua come "oro blu" , destinato ad essere la causa principale di nuove ondate di conflitti d'interesse e di guerre future. Esso non offre nessuna speranza concreta alle popolazioni diseredate e sfruttate del pianeta. Nel frattempo, la devastazione delle acque dolci di superficie e sotterranee, cosě come delle acque salate (mari, oceani) non cesserŕ di aggravarsi ovunque nel mondo.
Ecco perché abbiamo deciso di non partecipare al 3° Forum Mondiale dell'Acqua promosso dal Consiglio Mondiale dell'Acqua. Alcune delle associazioni che aderiscono e condividono i principi orientativi di una politica mondiale dell'acqua fondata sul riconoscimento dell'acqua come "bene comune" e del "diritto all'accesso", saranno presenti al Forum Mondiale di Kyoto. Esse lo faranno con l'intenzione di affrontare, in maniera critica, i postulati ed i temi che saranno proposti, ancora una volta, dal Consiglio Mondiale dell'Acqua e dal Global Water Partnership. Questa opzione richiede rispetto. La nostra azione č quella di realizzare un momento di incontro autonomo e diverso.
Da qui l'organizzazione di un Forum Mondiale Alternativo.
La maggiore multinazionale agroalimentare del pianeta
Alcune cose da sapere sulla Nestlč, che nel 2002 controllava il 35-50% del mercato mondiale del latte in polvere
Fondata in Svizzera nel 1860, la Nestlé č la maggiore multinazionale agroalimentare del pianeta, leader nel settore del latte in polvere (nel 2002 controllava il 35-50% del mercato mondiale), dell'acqua (in Italia nel 2000 controllava il 30% del mercato) e del caffé.
Sul suo sito Nestlé dichiara di non commercializzare prodotti OGM in Italia, tuttavia nel 1996 ha respinto la richiesta di tenere separata la soia OGM da quella non manipolata e inoltre fa parte di EuropaBio, il consorzio delle industrie europee per l'affermazione del biotech.
Nel maggio del 2000 Lega Ambiente ha denunciato la presenza di proteine isolate di soia OGM nel latte in polvere per l'infanzia "Alsoy". Il dato č stato riconfermato da "Il Salvagente" a fine 2002.
Una ricerca condotta da Interagency Group on Breastfeeding Monitoring ha provato che Gerber, Mead Johnson, Nestlé, Nutricia e Wyeth hanno trasgredito sotto vari aspetti il Codice dell'Organizzazione Mondiale della Sanitŕ sul latte in polvere, varato nel 1981 a tutela della salute dei bambini.
Nestlé č accusata di aver promosso la vendita dei suoi prodotti con campagne aggressive e irresponsabili, entrando negli ospedali, con uno stuolo di rappresentanti, per convincere i medici all'uso del latte artificiale e per distribuire campioni gratuiti anche alle madri, future possibili acquirenti.
In alcuni paesi, come il Pakistan, le ingerenze della Nestlé si sono spinte alla sfera politica.
La diffusione di false notizie sulla superiore composizione del latte in polvere e le complicitŕ di medici e politici corrotti, hanno condotto ad una drastica riduzione dell'allattamento materno (es.: in Cile dal 1950 al 1970 i neonati allattati al seno sono passati dal 95% al 20%).
Nel Terzo Mondo la principale conseguenza della diffusione di massa dell'allattamento artificiale č la morte di circa 1.500.000 di bambini ogni anno. Su questo tragico bilancio pesano in primo luogo la povertŕ, che non permette ai genitori di assicurare ai figli le dosi di latte in polvere minime necessarie (l'allattamento artificiale di un bimbo di 6 mesi in Nigeria richiedere oltre il 47% dello stipendio minimo di un operaio) e in secondo luogo la mancanza di igiene (acqua malsana e impossibilitŕ di sterilizzare biberon e tettarelle).
In Italia nel Marzo 2000 Nestlé č stata condannata dall'Antitrust per essersi accordata con Milupa, Nutricia, Heinz, Abbott e Humana al fine di distribuire il latte artificiale per la prima infanzia solo in farmacia (a prezzi 2 o 3 volte superiori rispetto alle altre capitali europee) e per essersi spartita le forniture gratuite agli ospedali.
Nel dicembre del 2002 ha destato scalpore la richiesta Nestlé di 6 milioni di dollari all'Etiopia a titolo di indennizzo per la nazionalizzazione di uno stabilimento del suo gruppo, ma non tutti sanno che nello stesso anno Nestlé ha tentato di barattare un aiuto di latte in polvere gratuito al Terzo Mondo - per combattere la trasmissione dell'HIV tramite allattamento (ogni anno circa 1,7 milioni di bimbi sono contagiati per questa via) - con la riabilitazione da parte dell'OMS dell'immagine stessa del latte in polvere.
Sul piano dei diritti dei lavoratori, va segnalata la gravissima situazione della Colombia, dove i sindacalisti del SINALTRAINAL e gli operai sindacalizzati sono sottoposti a continui abusi (telecamere e altre misure di stretto controllo interne alla fabbrica, licenziamenti immediati, ecc.) e ad aggressioni (sequestri, sparizioni forzate e attentati) di cui 8 mortali tra il 1986 e il 2002.
Sempre in Colombia nel novembre 2002 il Dipartimento Amministrativo di Sicurezza ha smascherato il tentativo della Nestlé di mettere sul mercato tonnellate di latte in polvere scadute provenienti dall'Uruguay. In questo paese la politica di importazione del latte operata da Nestlé, Danone e Parmalat, ha danneggiato l'economia nazionale causando la sovrapproduzione di latte fresco (impoverimento dei piccoli produttori, perdita di posti di lavoro nell'indotto, ecc.). Analogamente, incurante della crisi attraversata dai produttori colombiani di caffé (nel 2001 la raccolta del caffé si č ridotta del 40%), Nestlé importa sacchi di caffé dal Perů.
Nel 2001 Jennifer Zeng, una signora cinese, ora rifugiata in Australia, ha riconosciuto nei peluches di coniglio distribuiti insieme a Nesquik gli stessi peluches fabbricati da lei e da altri suoi colleghi in Cina presso un campo di internamento per dissidenti, dove si praticavano lavoro forzato e tortura.
Questi sono i marchi e i prodotti venduti dalla Nesltč:
Bevande: Nescafč, Nesquik, Nestea, Orzoro, Malto Kneipp, Ecco ... Franck
Soft drinks: Mirage, Sanbitter, Belté, Nestea, Diger Seltz
Acque minerali: Vera, S. Bernardo, S. Pellegrino, Panna, Levissima, Pejo, Recoaro, Perrier, Claudia, Pracastello, Giulia, Giara, Limpia, Sandalia, Tione, Ulmeta
Dolciumi e snack: Motta, Alemagna, Perugina, KitKat, Lion, Galak, Polo (caramelle), Smarties, Fruit Joy, Quality Street, Dorč, Cheerios, After Eight, Rowtree Macintosh, Cailler, Nuts
Prodotti alimentari: Sasso, Berni, Maggi, Buitoni
Pasta: Buitoni, Curtiriso, Pezzullo
Latticini: Fruttolo, LC1, Mio, Chef
Surgelati: Findus, Mare Fresco, La Valle degli Orti, Surgela, Antica Gelateria del Corso,Gervais, Haagen Dazs, gelati Mövenpick
Cibi per l'infanzia: latte Nidina, omogeneizzati Nestum, Alsoy
Cibi per animali: Felix, Fido, Vitto, Doko, Friskies, Mighty Dog, Ralston Purina
Farmaceutici: Alcon Italia spa
L'Oréal (controllata da Gesparal al 49% di Nestlé)
"BASTA ALLA VIOLENZA SESSUALE NEI CONFRONTI DELLE DETENUTE!” PRESENTATO UN NUOVO RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLA TURCHIA
Istanbul – Le donne che si trovano in stato di detenzione in Turchia rischiano la violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza: e’ questa la denuncia lanciata oggi da Amnesty International in occasione della presentazione del rapporto Basta alla violenza sessuale nei confronti delle detenute!
Secondo il rapporto, donne di ogni origine sociale e culturale sono sottoposte ad abusi, aggressioni e stupri durante la detenzione. Particolarmente a rischio sono le donne curde e coloro che hanno idee politiche inaccettabili dal punto di vista delle autorita’ o dell’esercito.
Il rapporto di Amnesty International si basa su ricerche condotte nel corso del 2002 e su due visite compiute in Turchia a giugno e settembre dello stesso anno. L’organizzazione sottolinea che, dopo la stesura del rapporto, il governo in carica e’ cambiato.
“Le conclusioni del rapporto rappresentano una sfida per il governo, che deve trasformare in realta’ le proprie dichiarazioni di intenti sui diritti umani” – ha dichiarato Patrizia Carrera, responsabile del coordinamento Europa occidentale della Sezione Italiana di Amnesty International. “Il nuovo governo non deve proseguire sulla strada del precedente, ma prendere misure concrete per risolvere il problema
della violenza sessuale nei confronti delle donne”.
Le donne che hanno subi’to violenza sessuale riescono con estrema difficolta’ a parlare e a ottenere giustizia: l’ostracismo nei loro confronti, la discriminazione da parte della societa’ e il concetto di “onore” costringono al silenzio molte di esse. Quando gli autori della violenza sessuale sono rappresentanti dello Stato, il loro comportamento rafforza quella cultura della violenza e della discriminazione che pone tutte le donne in pericolo. Amnesty International teme che essi ricorrano alla tortura, sotto forma di stupri e aggressioni sessuali, sapendo che le sopravvissute difficilmente vorranno denunciare l’accaduto.
Secondo le denunce ricevute da Amnesty International, le detenute vengono spesso denudate da agenti di sesso maschile durante gli interrogatori che si svolgono nelle stazioni di polizia o in prigione. In questa situazione le donne rischiano fortemente di subire violenze e umiliazioni.
Le detenute vengono anche costrette a sottoporsi a “test della verginita’”, allo scopo di punirle ed umiliarle. Le conseguenze di questi test su molte donne esaminate e il cui imene risulta non piu’ integro, sono devastanti: violenze, umiliazioni e in alcuni casi la morte. La semplice minaccia di un test puo’ essere sufficiente a provocare traumi psicologici; il rifiuto di un test puo’ essere considerato come una “offesa all’onore” ed essere causa di ulteriori abusi sessuali.
Amnesty International e’ a conoscenza di casi di donne sottoposte a violenza sessuale di fronte ai propri mariti o familiari per ostringere questi ultimi a “confessare” o, strumentalizzando il concetto di “onore”, per ledere la reputazione della famiglia o della comunita’ di origine della vittima.
Dopo aver intervistato oltre cento detenute a Diyarbakir, Mus, Mardin, Batman e Midyat, la Commissione delle avvocate di Diyarbakir ha concluso che praticamente tutte le donne erano state sottoposte a “test della verginita’” e che quasi tutte avevano subito abusi sessuali, sia verbali che fisici, mentre si trovavano in custodia della polizia.
“Allo stupro e alla violenza sessuale si aggiunge l’assenza di protezione e di risarcimenti nei confronti delle vittime” – ha affermato Carrera.
Le donne che hanno subito violenza sessuale devono spesso fare i conti con un diffuso ostracismo. Altre sono costrette a lasciare le proprie case, con o senza la famiglia. Molte, spesso, non denunciano l’accaduto perche’ ritengono che gli autori non saranno puniti.
Coloro che denunciano le violenze sessuali commesse da rappresentanti dello Stato rischiano di subire ulteriori abusi, azioni legali, minacce ed arresti. Le avvocate che le rappresentano, a loro volta, vengono perseguitate dalle autorita’, dai mezzi
d’informazione e dai propri colleghi.
Ottenere un risarcimento e’ particolarmente difficile nei casi in cui gli autori della violenza sessuale siano rappresentanti dello Stato, tanto per la scarsita’ delle inchieste quanto a causa di una legislazione assai protettiva nei confronti dei pubblici ufficiali sotto inchiesta. Secondo la legge, trascorso un certo periodo di tempo dal compimento di un reato, una persona indagata non puo’ piu’ essere condannata: diversi procedimenti, nei confronti di poliziotti accusati di tortura, sono terminati in quanto gli imputati non si sono presentati alle udienze, i loro avvocati hanno rimesso il mandato oppure non hanno fornito le prove richieste entro i termini stabiliti.
“I rinvii nei procedimenti non solo ritardano la giustizia ma fanno si’ che gli autori della violenza sessuale, alla giustizia, non siano proprio chiamati a rispondere” – ha sottolineato Carrera.
La discriminazione nei confronti delle donne e la violenza sessuale sono fenomeni correlati. Quando un rappresentante dello Stato assume un comportamento discriminatorio, non solo dimostra di non voler rispettare i diritti delle donne ma contribuisce anche a perpetuare una cultura della violenza nei confronti di tutte le donne.
“Commettere violenza contro le donne, da parte di chi rappresenta le istituzioni dello Stato, significa trasmettere un chiaro messaggio di indulgenza verso atti di violenza in ogni settore - nelle istituzioni, all’interno della famiglia, nei rapporti individuali – e mettere in pericolo ogni donna. Questa situazione non puo’ rimanere cosi’!” – ha concluso Carrera.
Amnesty International chiede al governo turco di intraprendere profonde riforme per porre fine alla violenza sessuale nei confronti delle donne, tra cui:
- porre fine alla prassi di bendare e denudare le detenute durante gli interrogatori;
- porre fine alle perquisizioni corporali delle detenute da parte di personale maschile;
- vietare l’uso delle bende intorno agli occhi nelle stazioni di polizia;
- portare di fronte alla giustizia coloro che compiono e che ordinano le violazioni dei diritti umani. segnalato da una MenteLunatica alle 3:26 PM
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IRAQ: LA SEGRETARIA GENERALE DI AMNESTY INTERNATIONAL A COLLOQUIO CON RE ABDULLAH DI GIORDANIA
“I diritti umani e i bisogni umanitari della popolazione irachena devono essere in cima all’agenda del dibattito sull’Iraq”, ha dichiarato Irene Khan, Segretaria Generale di Amnesty International al termine di una sua visita in Giordania. Parlando dopo l’udienza avuta con Sua Maesta’ Re Abdullah bin Hussein, Irene Khan ha accolto con favore le parole del Re sulla necessita’ di una piu’ grande attenzione per la situazione umanitaria dell’Iraq in caso di guerra.
Re Abdullah ha assicurato che, in tale eventualita’, la Giordania dara’ protezione ai rifugiati e garantira’ accesso alle organizzazioni
internazionali.
“La Giordania ha una lunga tradizione nell’accoglienza ai rifugiati” – ha dichiarato Irene Khan. “La comunita’ internazionale deve aiutare
la Giordania e altri paesi confinanti e assicurare i fondi necessari per proteggere e assistere le persone in fuga”.
In un momento in cui la minaccia di guerra fa aumentare le tensioni e la liberta’ di espressione e di assemblea e’ sottoposta a crescenti pressioni, la Segretaria Generale di Amnesty ha sottolineato la necessita’ che in Giordania sia garantita la protezione dei diritti umani. Irene Khan ha apprezzato le parole del Re secondo cui “la gente dev’essere in grado di esprimere le proprie opinioni” e la sua disponibilita’ a riesaminare la legislazione interna, in particolare la legge 54 del 2001, che viene usata per limitare la liberta’ di espressione ed e’ causa di arresti e condanne.
La visita di Irene Khan in Giordania fa parte di una campagna di pressione di Amnesty International sugli Stati membri delle Nazioni
Unite, compresi quelli della regione mediorientale, per assicurare che i diritti umani e le conseguenze umanitarie della crisi irachena
siano oggetto della piu’ totale considerazione.
Amnesty International chiede l’autorizzazione di visitare l’Iraq dal 1983 ed ha recentemente ricevuto una positiva risposta dal governo
di Baghdad. “Stiamo cercando un dialogo serio. Siamo consapevoli che nell’attuale clima politico la situazione dei diritti umani puo’
essere oggetto di manipolazione da ogni parte. Ma abbiamo il dovere di cercare una risposta alle gravi preoccupazioni per i diritti
umani in Iraq che nutriamo da decenni”. segnalato da una MenteLunatica alle 3:20 PM
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RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL SULLA BOSNIA ERZEGOVINA: E’ IL MOMENTO DI PORRE FINE ALL’IMPUNITA’ PER LE “SPARIZIONI”
Le autorita’ della Bosnia e la comunita’ internazionale devono adottare misure immediate per affrontare l’enorme numero di casi
irrisolti di ‘sparizioni’: lo ha dichiarato oggi Amnesty International, rendendo pubblico un nuovo rapporto sul continuo e devastante
impatto di questa grave violazione dei diritti umani.
Si stima che, dopo la fine della guerra, la sorte di oltre 17.000 persone rimanga avvolta dal mistero. Molte di esse sono ‘scomparse’ dopo essere state viste per l’ultima volta nelle mani delle varie forze armate e si teme siano morte.
In questi anni sono stati fatti straordinari progressi nel riconoscimento delle persone “scomparse” attraverso il processo di esumazione e identificazione dei corpi. La Bosnia vanta infatti uno dei piu’ sofisticati sistemi di analisi del Dna nel mondo.
“Ora e’ necessario che le autorita’ del paese introducano una nuova legislazione, che renda la ‘sparizione’ un crimine e consenta
finalmente di perseguirne gli autori” - ha affermato Paolo Pignocchi, responsabile del Coordinamento Europa orientale di Amnesty
International, aggiungendo che la revisione in corso della legislazione penale costituisce un’opportunita’ ideale per prendere
questi provvedimenti.
E’ arrivato il momento di onorare le vittime delle “sparizioni”, mettendo sotto inchiesta e perseguendo penalmente i responsabili e concedendo risarcimenti ai parenti e alle persone rimaste prive di mezzi che ancora non sono in grado di rifarsi una vita. Inoltre e’ necessario che, per favorire la riconciliazione e rimarginare le ferite ancora aperte, la gente conosca la vera storia di queste violazioni,
che continuano a tormentare e dividere la societa’ bosniaca.
Amnesty International ha ribadito la propria richiesta alla comunita’ internazionale, in particolare alla Missione di polizia dell’Unione
Europea (EUPM) recentemente insediatasi in Bosnia, di attuare sul serio il dichiarato impegno in favore dei diritti umani e di incoraggiare e supervisionare le indagini della polizia sulle ‘sparizioni’ in modo da fornire una solida base per procedimenti giudiziari efficaci ed imparziali.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, quei pochi risultati sin qui ottenuti potranno essere pregiudicati se non si agira’ immediatamente. In quella manciata di casi in cui sono state aperte inchieste su casi di ‘sparizione’, cio’ e’ stato dovuto alla tenacia
dei parenti e degli amici delle vittime e alla professionalita’ e al coraggio di qualche ispettore di polizia o magistrato.
“C’e’ evidente bisogno di un monitoraggio a lungo termine e dell’opera di osservatori sui diritti umani impegnati e competenti all’interno della comunita’ internazionale. Se la loro azione sara’ ulteriormente indebolita, non restera’ speranza per i molti casi irrisolti” - ha detto Pignocchi. “E’ indispensabile che le autorita’ bosniache, a tutti i livelli, e la comunita’ internazionale elaborino ed attuino una strategia complessiva per affrontare queste violazioni dei diritti umani.”
Oltre a portare una giustizia da lungo tempo attesa per tutte le vittime, i procedimenti giudiziari su specifici casi di ‘sparizione’
costituiranno la cartina di tornasole del complesso, lento e costoso processo di riforma del sistema giudiziario e degli organismi
responsabili dell’applicazione della legge. Queste riforme hanno costituito una priorita’ elevatissima per la comunita’ internazionale
negli ultimi anni, in particolare in vista della prevista chiusura, nel 2008, del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia.
“Un sistema giudiziario dev’essere in grado di riparare alle violazioni dei diritti umani, ‘sparizioni’ comprese” - ha aggiunto Pignocchi.
“Altrimenti, per quanto le sue regole e le sue strutture siano state ammodernate e riorganizzate con ampio dispendio di soldi, dal punto di vista degli esseri umani i cui diritti sono stati violati si trattera’ solo della dimostrazione del trionfo dell’apparenza sulla sostanza.” segnalato da una MenteLunatica alle 3:07 PM
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