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etcetera

     

lundi, mars 31, 2003

 
HRW'S CURRENT WORK ON IRAQ

Human Rights Watch has mobilized an emergency response to the unfolding conflict in Iraq. Human Rights Watch does not take a position on the legality of the war, in order to maximize our effectiveness in protecting noncombatants in the course of war. Drawing on our experience with previous conflicts, from the 1991 Gulf War to the most recent military action in Afghanistan, we will be closely monitoring the conduct of all the warring parties and bringing human rights and humanitarian concerns to the attention of the international community. Human Rights Watch has deployed researchers to Iraqi Kurdistan and neighboring countries to gather first-hand information on human rights developments and ensure that abuses are brought to light. In the opening stages of the conflict, we
have:
- written to all the belligerents highlighting the most urgent risks to Iraq's civilian population;
- highlighted the protection needs of people displaced by the fighting;
- pressed for a special sitting on Iraq at the U.N. Commission on Human Rights;
- issued special bulletins on the treatment of prisoners of war, the targeting of civilian morale, the disguising of combatants as non-combatants, and the potential powder keg of Kirkuk.
Human Rights Watch bulletins have received extensive press coverage.
Regular news, information and appeals on Iraq can be found on our Web site.
 
La vuoi la tv? di Dario Fo, Franca Rame e Jacopo Fo

(L'articolo piu' noioso che tu abbia mai letto. Ma ci sono alcune questioni molto noiose da affrontare se vogliamo costruire una tv libera. Noi speriamo proprio che non vorrai lasciare ad altri tutte le decisioni. E poi magari lamentarti se le cose non vanno come desideravi.)

Moltissimi ci stanno scrivendo chiedendoci cosa potrebbero fare per far nascere questa tv diversa che tutti sogniamo.
Ci abbiamo pensato a lungo ma il problema non e' semplice.
La prima questione e' proprio questa. Il movimento adora le risposte semplici.
Andare in corteo e' semplice. Fare una tv non e' solo difficile e rischioso, ma anche complicato.
Uno dei complimenti che ci sono arrivati per e-mail che ci ha fatto piu' piacere era quello di un amico che si diceva entusiasta per il "professionismo" con il quale abbiamo lavorato.
Professionismo e' una parola poco usata a sinistra. Invece noi crediamo sia un valore fondamentale. Il disprezzo per il professionismo, per la cultura delle capacita' artigianali e' uno dei vizi ideologici che tolgono forza al movimento.
Se vogliamo combinare qualche cosa dobbiamo innanzi tutto entrare nei dettagli, analizzare le questioni tecniche... Non basta avere delle belle idee, bisogna anche saperle raccontare, riprendere, montare e poi bisogna segnalarle...
Berlusconi ha dalla sua migliaia di professionisti, potete disprezzarli quanto volete ma sanno fare il loro lavoro e lo fanno 12 ore al giorno.
Dall'altra parte abbiamo migliaia di compagni straordinari, che realizzano iniziative meravigliose e poi buttano dalla finestra decine di milioni perche' non sanno fare lo storno dell'Iva che e' una cosa orrenda e capitalista ma se fai una festa e incassi 100 milioni e' un po' stupido buttarne via 20 perche' non conosci le leggi fiscali.
Stai certo che Berlusconi sull'Iva non si sbaglia mai.
Allora io credo che la prima cosa da imparare se vogliamo realmente realizzare una tv (e tanto altro) e' di vedere se siamo d'accordo su alcune questioni tecniche.

Da dove potrebbero arrivare i soldi?
Nessuno ci dara' mai soldi in pubblicita'. E comunque non possiamo contarci. Preparando questa puntata abbiamo contattato un centinaio di aziende e cooperative "progressiste" chiedendo di inserire uno spot pubblicitario che coprisse almeno le spese tecniche. Visto il successo della trasmissione offrivamo la pubblicita' a un decimo del costo Rai, 5 mila euro per un minuto di spot. Nessuno ha accettato.
L'unica possibilita' che vediamo in questo momento per mettere in piedi una televisione e' quella della consociazione dei consumi.
Se 100 mila persone consociassero i loro contratti telefonici, assicurativi, bancari, l'acquisto di computer, elettrodomestici, vestiario, potremmo fare molto.
Per favore non chiudete il vostro cervello. Appena uno inizia a parlare di numeri molti precipitano nell'incubo delle interrogazioni di matematica. Ma e' proprio per questo che a scuola insegnano in modo cosi' noioso a affrontare le questioni numeriche. Loro preferiscono che la gente non sappia fare i conti.
Ma se non vuoi farti fregare DEVI capire come funziona. E' una questione di ragionamento non di numeri.
Se andiamo da un'azienda che vende patate e compriamo tutti insieme centomila patate ci fanno uno sconto. Uno sconto mostruoso perche' e' molto piu' difficile e costoso vendere che produrre e tutti hanno i magazzini pieni.
Noi abbiamo fatto un piccolo test con il contratto del telefono. Sono 7 mesi che lo sperimentiamo e funziona tutto, addirittura ci hanno scritto dicendoci che offriamo una connessione internet migliore della media.
In pratica tu, consumatore, firmi una delega che autorizza Alcatraz a contrattare per te il miglior contratto telefonico presente sul mercato. A nostra volta noi abbiamo fatto un contratto con Tlc Consult che e' un'azienda specializzata in consulenze sulla spesa telefonica per le aziende. Loro hanno creduto in questa idea (che poi e' di Federico Ceratti) e oltre a una proposta per le aziende hanno creato una proposta per le famiglie. Attualmente abbiamo stipulato 220 contratti che offrono un risparmio del 20% sulle tariffe di Tele2, cioe' il contratto piu' vantaggioso presente oggi sul mercato. Inoltre il consumatore che si consocia con noi ottiene che se l'azienda che oggi ci fornisce questo contratto (Cliktel) dovesse cambiare la sua politica dei prezzi o fosse comprata da Berlusconi noi nel giro di un'ora disdiciamo il contratto e (trascorsi i tempi tecnici) passiamo a un'altra azienda tutti insieme (infatti firmando il contratto con Alcatraz il consumatore ci delega proprio a questo).
Oltre al risparmio e a un servizio di controllo continuo della convenienza e eticita' del contratto telefonico, il consociato ottiene che a noi arrivi il 7,5% di quanto lui paga di telefono. C'e' un costo di gestione che e' circa del 2,5%. Resta un 5% pulito, mediamente 20 euro a contratto all'anno. Per ottenere tutto questo e' sufficiente scaricare il contratto (http://www.commercioetico.it/telefonia/index.htm) firmarlo, allegare l'ultima bolletta telefonica e spedirci tutto via posta cartacea. Con questo denaro finanziamo il quotidiano delle buone notizie.
Lo stesso tipo di operazione l'abbiamo realizzata con l'assicurazione, una ditta che vende materassi in lattice vero, altre che vendono mobili ecologici, pannelli solari, riduttori del flusso dell'acqua (risparmi il 50% dell'acqua al costo di 2 euro a rubinetto), e altri 200 prodotti alimentari biologici, vestiario, biodiesel, computer, caldaie ad alto risparmio, impianti di compostaggio, fitodepurazione, consulenza aziendale (vedi il link "ecologia subito" su www.alcatraz.it ).
Abbiamo lavorato 2 anni e mezzo per verificare se tutto questo poteva stare in piedi.
E abbiamo trovato anche due situazioni dove gruppi di compagni che sono riusciti a coinvolgere un intero paese.
A Monsano, ridente localita' vicino ad Ancona, siamo partiti formando professionalmente un gruppo di "consulenti economici famigliari" che sono riusciti a coinvolgere con grande successo le famiglie, organizzando l'acquisto di 140 computer (in un paese di 900 famiglie), grembiuli per la scuola, cancelleria, cibi e ora anche pannelli solari, riduttori di flusso e telefonia.
A Colorno, in provincia di Parma, un gruppo di ragazzi e' riuscito a convincere il comune a contribuire con un euro su ogni riduttore di flusso d'acqua comprato dai cittadini. Sono poi riusciti a convincere la provincia di Parma ad appoggiare ufficialmente il progetto e ora stanno incontrando tutti i comuni della zona.
Insomma abbiamo verificato che questa ipotesi di lavoro non e' campata in aria.
Allora la prima cosa che chiediamo a chi sogna l'altra tv (e tante altre cose) e' quella di aprire un dibattito. Vorremmo che il movimento rispondesse ad alcune precise domande:
Crediamo veramente che tramite la consociazione dei consumi si possa (con mille difficolta' e errori) ottenere un reale risparmio, un servizio migliore, compiere un atto politico (smettere di consumare i prodotti di chi arma gli eserciti) e contemporaneamente finanziare la controcultura?
Perche' per ora sono pochissime le persone del movimento che sostengono questa idea.
Allora quello che vi chiediamo e' di ragionarci veramente su. Valutare rischi e pericoli. Mettere in conto i casini nei quali certamente ci cacceremo cercando di organizzare un'operazione cosi' complessa. E poi decidere. E poi dirlo.
Questo tipo di ragionamento e' proprio complicato, ogni volta che cerchiamo di spiegarlo vediamo gli occhi di chi ci ascolta spegnersi nel vuoto. Bisogna provare tutti i modi per raccontarlo, spiegarlo, discuterne. Forse noi lo spieghiamo in modo sbagliato. Ma siamo convinti che se qualche centinaio di persone si mettesse li a scrivere lettere ai giornali e ai forum del movimento e a spiegarlo con altre parole alla fine riusciremo a far capire che esiste una proposta, complessa, ma veramente praticabile, per cambiare le cose.
Ma non e' facile. Per spiegarlo a certi compagni sara' necessario fare cose turche. Certa gente riesci a parlargli di percentuali di sconto solo se sei una donna, sei nuda e loro sono molto eccitati.
Ci sono voluti vent'anni perche' l'idea del boicottaggio degli acquisti iniziasse a essere presa in considerazione dal movimento. Quanto ci vorra' per spiegare il concetto della consociazione?
Invece Bush questo concetto l'ha capito benissimo. Appena i francesi si sono dichiarati contro la guerra e' stato subito organizzato il boicottaggio dei loro prodotti e patatine fritte, le Frence Frittes, adesso le chiamano Freedom Frittes.


La seconda domanda alla quale bisognerebbe rispondere e': chi comanda? Chi sceglie i programmi?
Noi vogliamo una televisione che sia l'insieme delle proposte di veri professionisti (non importa se poi di mestiere fanno i salumieri, il professionismo e' una questione di amore per quello che fai).
E vogliamo che sia il pubblico a scegliere, votando. Molti ci hanno contestato su questo punto dicendo che se si lascia scegliere al pubblico alla fine anche noi trasmetteremo "Il Grande Fratello".
Noi invece crediamo nell'intelligenza degli spettatori.

Terza domanda.
Come li paghiamo quelli che fanno la tv?
La nostra idea e' che le persone percepiscano una percentuale che si basi sugli ascolti che riescono a realizzare.
E vorremmo una tv in mano a piccoli azionisti e ai professionisti che la creano.

Ultima questione: vorremmo una televisione che oltre a controinformare e divertire sapesse anche sollecitare e coinvolgere gruppi locali offrendo dei veri e propri percorsi formativi, sia con trasmissioni apposite che con laboratori.
Una televisione che non e' capace di creare un movimento artistico di massa si troverebbe presto a corto di idee.

Questi ci sembrano i punti essenziali sui quali iniziare a discutere.
Come fa un movimento a affrontare un simile dibattito?
Questo non lo sappiamo.
Ma siamo sicuri che, se esiste una vera volonta' di cambiare il modo di affrontare il problema, si inventera' anche come parlarle.
Pero' sarebbe meglio fare presto.
La nostra capacita' di informare, di rivoluzionare il linguaggio e cambiare il modo di produrre e proporre beni materiali e' l'unica a incidere direttamente sul numero dei morti.
Le bombe non sono intelligenti ma non esplodono mai dove ci rimettono dei soldi.


******************************************
Oltre all'incredibile dato di piu' di un milione di ascoltatori mediamente (5 milioni di contatti nell'arco delle 2 ore) abbiamo realizzato un piccolo record sul piano di internet: su http://spettacolo.virgilio.it/extra/026 e www.francarame.it/tv.html hanno visto il programma 50
mila persone in 24 ore. E il programma e' ancora disponibile e lo sara' in futuro per chi l'avesse perso.
Nota: in rete manca il pezzo della tv tedesca sulla CIA a causa di problemi di licenze di trasmissione. Forse le otterremo prossimamente (le leggi sul diritto d'autore distinguono tra i diversi media utilizzati e i tedeschi hanno solo la licenza video sui filmati americani).

Dio abbia pieta' di Bruno Vespa
Incredibile. Mercoledi' 26 marzo, Porta a Porta. Sui megaschermi scorrono le
immagini del massacro del mercato a Bagdad. Una in particolare viene
rimandata parecchie volte: quella dell'enorme buca che ha aperto uno dei due
missili. Anche un ceco vedrebbe che e' molto grande almeno 5-7 metri di
diametro. Su un'altra rete un inviato ha detto che era piu' grande di
un'automobile. Ed e' pure molto profonda, almeno 3 metri.
Bruno Vespa in collegamento con Lilli Gruber che sta a Bagdad chiede se lei
abbia visto la buca. La Gruber risponde di si'. Lui incalza: sapresti dire
quanto e' grande? Vespa ce l'ha davanti agli occhi la buca, sul megaschermo.
Ma lui non e' pagato per guardare.
La Gruber, probabilmente fusa dopo 7 giorni sotto le bombe risponde: 1-2
metri.
Il generale al fianco di Vespa allora spiega che un missile avrebbe scavato
un buco piu' grande. Percio' sicuramente si tratta di un proiettile della
contraerea Irachena. Anche lui e' un non vedente di professione.
Sul megaschermo mostrano di nuovo la buca enorme. Evidentemente in regia c'e'
un terrorista di Al Queda. Ma nessuno in studio dice una parola.
Vespa e' felice e ripete il concetto espresso dal generale italiano. Non puo'
essere un missile americano, sara' "probabilmente" un proiettile della
contraerea irachena.
Domanda: ammettendo che il buco fosse piccolo si dovrebbe intuire che il
proiettile che l'ha provocato fosse piccolo... due piccoli proiettili di
contraerea come avrebbero potuto a fare tanti morti e tanti feriti?
Il generale che affianca Vespa ha fatto esperienza militare giocando a
Risico?
I generali italiani sparano solo scoregge?

Vigilanza inefficiente al Palazzo di Giustizia di Milano
Per la gioia dei terroristi di tutte le tendenze e' stata smobilitata ogni
vigilanza al tribunale di Milano.
Dire che le procedure di sicurezza sono una presa per il culo e' un
vezzeggiativo. Praticamente ci sono eccezionali misure di sicurezza
all'ingresso principale con metal detector e corridoio blindato.
Ma all'ingresso laterale c'e' solo un metal detector e al lato della porta
vigilata da un solo agente ce n'e' un'altra riservata teoricamente a avvocati
e giudici: e' presidiata da un foglio di carta che dice "Ingresso riservato a
avvocati e giudici esibire il tesserino".
Gia' questa e' un'assurdita' perche' un terrorista potrebbe procurarsi
facilmente un tesserino falso oppure costringere un avvocato a trasportare
armi... Comunque non ne avrebbe bisogno: di guardia c'e' un solo agente adibito
al controllo e centinaia di persone che passano senza esibire un bel niente.
Provo a entrare facendo la faccia da giudice, sono vestito come un teppista
con giaccone e barba di tre giorni e nessuno mi chiede niente. Non ci posso
credere.
Riprovo il giorno dopo a entrare con una sporta della spesa con dentro una
telecamera e varie attrezzature metalliche ma potrebbero essere bombe e
pistole. Nessuno mi ferma. Inizio a riprendere l'ingresso libero con la
telecamera. Solo dopo pochi minuti vengo fermato: non si puo' riprendere
all'interno del tribunale senza autorizzazione. Mi chiedono come abbia fatto
a entrare con la telecamera. Gli spiego che sono passato dall'ingresso per
gli avvocati. Mi guardano perplessi.
A questo punto parlo con uno dei due poliziotti e chiedo come mai le misure
di sicurezza siano cosi' tenui. Mi spiegano sconsolati che e' stata dimezzata
la vigilanza.
Due agenti per due porte sono insufficienti. Incredibile. Poi mi ricordo che
li' c'e' il processo a Previti...

Jacopo Fo
 
Da C@C@o edizione straordinaria

29 marzo 2003

Dire che e' stato un successo e' poco.
Le prime proiezioni parlano di 5 milioni di spettatori!!!
(1 milione 200 mila spettatori in media sulle 2 ore di spettacolo)
Ed e' solo l'inizio.

Vorremmo ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato a realizzare la trasmissione televisiva di giovedi' sera. Per noi e' stato veramente commovente ed esaltante vedere che tanti si sono dati da fare in modo straordinario per far sapere che saremmo stati in televisione. Vorremmo dire grazie alle migliaia di amiche e amici che hanno diffuso la notizia inviando centinaia di migliaia di mail, messaggi Sms, organizzando punti di visione collettiva e facendo girare la voce in tutti i modi. Questo appoggio ci ha sostenuti psicologicamente e ha reso concretamente possibile sfondare il muro di silenzio che avrebbe potuto rendere inutile questo tentativo.
Ci siamo resi conto di quello che stava accadendo quando alcuni giornalisti hanno iniziato a telefonarci non perche' avessero letto i comunicati stampa ma perche' erano stati bombardati da ogni tipo di messaggio.
Sandro Parenzo che dirige Tele Lombardia (produttrice della trasmissione) ha ricevuto addirittura 4 e-mail che lo avvisavano che Tele Lombardia stava per trasmettere "Ubu Bas va alla guerra".
Insomma, neppure nelle nostre previsioni piu' ottimistiche potevamo sperare tanto.
Grazie veramente.
Non siamo ancora in grado di quantificare esattamente l'impatto di questa trasmissione. Ci vorranno alcuni giorni per capire cosa sia successo. 30 televisioni locali, 3 televisioni satellitari (oltre al nostro canale hanno trasmesso No War Television e Global tv sul canale 498 di Tele+ e su Planete), le tele street. Inoltre lo spettacolo e' stato mandato via internet sia su www.francarame.it/tv.html (grazie a Free Cube) sia da Virgilio e continuano a esserci migliaia di persone collegate (e' disponibile anche per chi ha un collegamento lento).
Per ora abbiamo solo un dato, mediamente davanti al televisore, in Lombardia c'erano 130 mila persone. Un milione di contatti durante l'arco delle due ore (cioe' persone che si sono sintonizzate almeno per un po' sul programma. Possiamo azzardare una proiezione sul piano nazionale di 1 milione e 200 mila spettatori mediamente, 5 milioni di contatti. E il dato crescerŕ nei prossimi giorni perche' molte televisioni rimanderanno lo spettacolo nei prossimi giorni (Tele Lombardia, circuito Europa 7 ecc).
Insomma, incredibile.

Sono arrivate centinaia di messaggi di incoraggiamento (grazie!) e tanti ci chiedono se siamo in grado di organizzare altre trasmissioni.
Come abbiamo premesso non abbiamo i mezzi per farlo. Ma questa prima esperienza ha aumentato la voglia e la speranza di poter creare, in futuro, un'esperienza piu' continuativa.
Ma per ora e' prematuro parlarne. Di certo si e' dimostrato che ce n'e' la voglia e la possibilitŕ.
Ora dobbiamo digerire quel che e' successo e lasciare che sedimenti, aspettare che crescano le esperienze delle tv autogestite, che si sviluppino gruppi locali di film makers e che altri professionisti producano eventi autonomamente.
Per costruire una casa che duri servono i mattoni. Noi abbiamo tirato su solo un tendone. Ha funzionato per una notte ma non potrebbe durare a lungo.
Vorremmo ringraziare intanto tutti quelli che ci hanno aiutato nella produzione lavorando con ritmi pesantissimi e con una passione enorme: Sandro Parenzo, Alberto Stefani, Mariagrazia Battaini, Riccardo Colella di Tele Lombardia, Felice Kappa che ha curato in modo eccellente la regia televisiva. Il gruppo che ha organizzato la trasmissione via internet: Carlo Tosi di www.artea.net, Carlo Forlani di www.dsc.it, Antonio Ussoli di www.now.it, Nicola Delbono di www.key5.com, Roberto Pagano di www.wrp.it, Francesco Lato www.freecube.it.
Sara Dania e tutta la squadra di www.virgilio.it (http://spettacolo.virgilio.it/extra/026) .
Federica Morrone, Luca Valeri Curti (www.numerozero.tv). e Laura Maluccelli, Antonio Imparato, Roberto Vignoli (www.nuovimondimedia.it ) che hanno sostenuto lo sforzo sia della ricerca giornalistica di controinformazione sia della comunicazione sull'evento.
Nora Guazzotti e lo staff del Teatro Nazionale Ventaglio di Milano. Ringraziamo Marina De Juli, Jessica Di Giacomo, Eliel Ferreira De Souza, Matteo De Martino per il supporto tecnico e organizzativo.
Gabriella Canova, Simone Canova, Mariacristina Dal Bosco della redazione di Cacao quotidiano e di www.commercioetico.it.
Armando Tondo web master per le pagine html.
Eleonora Albanese, che ha curato la regia teatrale dei pezzi di Jacopo ed e' web master e art director dei nostri siti.
E infine Fausto Gimondi per il supporto psicologico.

Dario Fo, Franca Rame, Jacopo Fo


Ed ora alcuni articoli che abbiamo ricevuto in questi giorni. Buona lettura.

Possiamo ancora fare qualcosa
di Federica Morrone


Il 19 marzo, ultimo giorno senza la guerra. Sul teleschermo si alternano strateghi improvvisati, hanno una luce sinistra negli occhi e contano le bombe che colpiranno l'Iraq. Mi rifiuto di ascoltarli e prima di andare a dormire preferisco guardare in terrazzo la luna.
L'illusione che almeno l'Italia avesse la dignitŕ di restare fuori da questo infame conflitto si e' spenta. Li ho guardati i nostri politici durante la dichiarazione di voto, li ho guardati per non dimenticare il volto di chi ha pronunciato il si'. Non potranno dire un giorno "ci siamo sbagliati, noi non sapevamo". Erano piu' che consapevoli. Spero che tutti ricordino e comunque non si sottrarranno mai allo sguardo implacabile della propria coscienza. Credevo che in politica, aldilŕ della contrapposizione tra destra e sinistra, valesse un codice etico comune. Mi sbagliavo. I parlamentari del nostro governo rivolgono boccacce e sberleffi ad una minoranza che parla di pace. Non solo scelgono la guerra, lo fanno nel modo piu' subdolo possibile: vogliono convincerci che siamo contemporaneamente con Chirac e Bush, con il Papa e con il diavolo. Del resto come confessare al popolo che e' sceso nelle piazze, che ha appeso gli arcobaleni alle finestre che siamo in guerra? Meglio tacere. Meglio prendere in giro la gente, continuare a seguire una strada che fin'ora sembra aver funzionato benissimo. In fondo la pace e' roba da donnette (tra queste il presidente del consiglio annovera sua moglie), studenti e comunisti, gli altri ha non se ne accorgeranno, deve aver pensato qualcuno. Mi auguro non sia cosi' semplice ingannare quasi un'intera nazione, diversi sondaggi riportano che piu' del novanta per cento degli italiani vuole la pace.
Certo, nel nostro paese la mediocritŕ e' diventata un modello. Ce lo insegna la tv. Nell'inetto tutti possono immedesimarsi convincendosi che per diventare famosi non e' necessario possedere alcuna capacitŕ. Non voglio entrare nel merito, quando si tratta di spettacolo passi pure. In fondo veline e grandi fratelli non hanno ancora ucciso nessuno, e tutti hanno il diritto di sognare. Ma nella politica questo discorso non puo' valere. Forse solo adesso comprendiamo quanto sia importante il nostro voto. Coloro che ci rappresentano non dovrebbero somigliare al ricordo del compagno di scuola un po' tonto. Ci meritiamo personaggi piu' alti.
Oggi l'Italia si trova in una posizione ambigua, questa ambiguitŕ oltre ad essere deplorevole moralmente, mette il nostro paese ad alto rischio di attentati. Una polita estera poco attenta e' rischiosa, democristiani e socialisti almeno questo lo sapevano bene.
Il 19 marzo e' una data da ricordare.
Il 19 marzo mia figlia compie quattro mesi e sorride.
Il 19 marzo bambini di tutte le etŕ cercano un rifugio per nascondersi da una "guerra umanitaria" voluta da chi non conosce neanche il significato della parola umanitŕ.
La notte del 19 marzo le prime bombe cadono su Baghdad. Avrebbero dovuto colpire Saddam, lui certo non era li' ad aspettarle.
Bush aveva parlato di una guerra veloce e quasi indolore, dopo poche ore dall'attacco la guerra e' subito diventata lunga e difficile.
L'America ha iniziato ad allargare il suo impero. L'Onu e' stata beffata. Questo e' solo l'inizio, l'Iraq fa parte di una lunga lista di stati canaglia che prima o poi verranno colpiti.
Siamo tornati indietro di secoli, siamo barbari senza leggi e giustizia. Quello che la civiltŕ ha costruito esplode sotto i nostri occhi. Eppure possiamo ancora fare qualcosa: alziamo le nostre voci, esprimiamo il nostro dissenso con tutti i mezzi leciti che conosciamo.
Vorrei tanto non mangiare il pane perche' i forni sono chiusi per protestare contro la guerra. Vorrei rimanere a piedi perche' i mezzi pubblici si fermano ed i distributori di benzina chiudono. Vorrei che l'immobilitŕ degli uffici pubblici, delle aziende, degli operatori ecologi, dei commercianti, dei tribunali, dei luoghi di svago, fosse accolta senza il minimo disappunto, ma con solidarietŕ da parte di ogni cittadino.
Ecco, questo mi aspetto da un paese civile. "Fatti non foste per viver come bruti", diceva il poeta quasi un millennio fa, facciamo ancora in tempo ad ascoltarlo.

Federica Morrone

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Non li lasceremo in pace
di Jose' Saramago
Tradotto da Laura Nava per Nuovi Mondi Media


Loro credevano che ci fossimo stancati delle proteste e che li avremmo lasciati liberi di continuare la loro allucinante corsa verso la guerra.
Si sbagliavano. Noi, quelli che oggi manifestano, qui ed in tutto il mondo, siamo come quella piccola mosca che ostinatamente torna a ficcare il suo pungolo nelle parti sensibili della bestia.
Siamo in parole povere, chiare e tonde, affinche' si capiscano meglio, la mosca rompipalle del potere.
Loro vogliono la guerra, ma noi non li lasceremo in pace.
Non faranno perdere vigore e autoritŕ al nostro impegno, ponderato nelle coscienze e proclamato per le strade, ne' la prima ne' l'ultima bomba che cadrŕ sull'Iraq.
Non dicano i signori e le signore del potere che manifestiamo per salvare la vita e il regime di Saddam Hussein. Mentono con tutti i denti che hanno in bocca.
Noi manifestiamo, questo si', per il diritto e per la giustizia.
Noi manifestiamo contro la legge della giungla che gli Stati Uniti e i suoi seguaci, antichi e moderni, vogliono imporre al mondo.
Noi manifestiamo a favore della volonta' di pace della gente onesta e contro i capricci bellicistici di politici che recuperano in ambizione cio' che manca loro in intelligenza e sensibilitŕ. Noi manifestiamo contro il concubinato degli Stati con i super poteri economici di ogni tipo che governano il mondo. La terra appartiene ai popoli che la abitano, non a quelli che, con il pretesto di una rappresentanza democratica, sfacciatamente pervertita, alla fine la sfruttano e la manipolano.
Noi manifestiamo per salvare la democrazia in pericolo.
Fino ad ora l' Umanita' e' stata sempre educata per la guerra, mai alla pace. Costantemente ci assordano le orecchie con l'affermazione che se vogliamo la pace domani, non avremo nessun rimedio che fare la guerra oggi.
Non siamo tanto ingenui da credere in una pace eterna ed universale, ma se noi esseri umani siamo stati capaci di creare, nel corso dei secoli, bellezze e meraviglie che a tutti noi piacciono e danno dignitŕ, allora e' tempo di mettere mano al piu' meraviglioso e bello di tutti i compiti: la incessante costruzione della pace.
E che questa pace sia la pace del rispetto umano, non la pace di una sottomissione e di un'umiliazione che troppe volte vengono travestite sotto la maschera di una falsa amicizia protettrice.
E' ora che le ragioni della forza smettano di prevalere sopra la forza della ragione. E' ora che lo spirito positivo dell'Umanitŕ si dedichi a sanare le innumerevoli miserie del mondo.
Questa e' la sua vocazione e la sua promessa. Non quella di negoziare con supposti o autentici paesi dell'asse del male.
C'erano una volta Bush, Blair ed Aznar, chiacchierando del divino e del disumano, sicuri e tranquilli nel loro ruolo di poderosi ammaliatori, esperti in trucchi da giocoliere e conoscitori emeriti di tutte le trappole della propaganda ingannevole e della falsita'. Un giorno, nella stanza ovale dove si trovavano, uniti irruppe la notizia che gli Stati Uniti d'America avevano smesso di essere la unica grande potenza mondiale.
Prima che Bush potesse assestare il primo pugno sul tavolo, il vostro presidente Jose' Maria Aznar si mise velocemente al dichiarare che questa nuova gran potenza non era la Spagna. "Te lo giuro, George!" disse.
"Il mio Regno Unito, nemmeno", aggiunse rapidamente Blair per tagliare sul nascere il sospetto di Bush.
"Se non sei tu e tu non sei, chi e' allora?", domando' Bush.
Fu Colin Powell, credendo poco lui stesso in cio' che stava pronunciando la sua bocca, colui che disse: " L' opinione pubblica, signor presidente".
Gia' avete capito che questa storiellina e' una mia semplice invenzione.
Vi chiedo pertanto di non darle importanza. Cio' che ha importanza e' la piu' esaltante e felice evidenza di questi tempi complicati: gli incantesimi di Bush, Blair ed Aznar, senza volerlo, niente piu' che per le loro cattive arti e le loro invenzioni, hanno fatto nascere un immenso movimento di opinione pubblica.
Un nuovo grido "NON PASSERANNO", con le parole "NO ALLA GUERRA", percorre il mondo. Non c'e' nessuna esagerazione nel dire che la opinione pubblica mondiale si e' convertita in una potenza con cui il potere deve fare i conti. Ci troviamo di fronte a coloro che vogliono la guerra, gli diciamo "NO" e se ancora continuano ostinati nel loro affanno demenziale e sciolgono una volta di piu' i cavalli dell'apocalisse, allora li avvisiamo da qui che questa manifestazione non e' l'ultima, che continueremo le proteste durante tutto il tempo che durera' la guerra ed anche piu' in lŕ perche', a partire da oggi, non si trattera' semplicemente di dire "NO ALLA GUERRA". Si trattera' di lottare tutti i giorni ed in tutte le circostanze affinche' la pace smetta di essere manipolata come un elemento di ricatto emozionale con cui si pretende giustificare le guerre.
Senza pace, senza una pace autentica e giusta, non ci saranno diritti umani. E senza diritti umani la democrazia non sara' niente piu' che un' offesa alla ragione.
Noi, che siamo qui, siamo un parte della nuova potenza mondiale. Lotteremo con il cuore e con il cervello, con la volontŕ e l'illusione. Sappiamo che noi esseri umani siamo capaci del meglio e del peggio. Loro hanno scelto il peggio. Noi abbiamo scelto il meglio.

(Testo del manifesto scritto dal premio Nobel per la letteratura e letto da lui stesso al termine della manifestazione di Sabato 15 Marzo a Madrid (puerta del Sol).)

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TONINO BELLO - "La pace come cammino"


A dire il vero non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti dinamici.
Raramente sentiamo dire:
"Quell'uomo si affatica in pace",
"lotta in pace",
"strappa la vita coi denti in pace"...

Piu' consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni:
"Sta seduto in pace",
"sta leggendo in pace",
"medita in pace" e,
ovviamente, "riposa in pace".

La pace, insomma, ci richiama piu' la vestaglia da camera che lo zaino del viandante.
Piu' il comfort del salotto che i pericoli della strada.
Piu' il caminetto che l'officina brulicante di problemi.
Piu' il silenzio del deserto che il traffico della metropoli.
Piu' la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato.
Piu' il mistero della notte che i rumori del meriggio.

Occorre forse una rivoluzione di mentalitŕ per capire che la pace non e' un dato, ma una conquista.
Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.
Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.

La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia.
Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio.
Rifiuta la tentazione del godimento.
Non tollera atteggiamenti sedentari.
Non annulla la conflittualitŕ.
Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica".

Si', la pace prima che traguardo, e' cammino.

E, per giunta, cammino in salita.
Vuol dire allora che ha le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi percorsi preferenziali ed i suoi tempi tecnici, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni.
Forse anche le sue soste.

Se e' cosi', occorrono attese pazienti.

E sarŕ beato, perche' operatore di pace,
non chi pretende di trovarsi all'arrivo senza essere mai partito, ma chi parte.
Col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai - su questa terra s'intende - pienamente raggiunta.

(TONINO BELLO - "La pace come cammino"
Cooperativa sociale Artimestieri via S. Mauro, 12 12012 Boves
www.artimestieri.com)
 
Da Allistante, newsletter di emergency

Iraq e Afganistan

Questa settimana vi inviamo due lettere che abbiamo ricevuto dai
nostri colleghi in missione e che vogliamo condividere con voi. La
prima č di Mario, l'infermiere che si trova in nord Iraq, e la seconda
č di Massimiliano, amministratore del nostro progetto in Afganistan.

Erbil, 27 marzo 2003
E alla fine i soldati americani sono arrivati... .ieri sera, appena
calata la luce, abbiamo iniziato a sentire il rombo degli aereoplani
pressocche’ ininterrotto. Abbiamo subito pensato che, come le altre sere,
stessero andando a Mosul e dintorni per lasciare il loro carico di bombe.
Di diverso c’era che il rombo era continuo, non a ondate, e non abbiamo
sentito esplosioni, da qui la deduzione che forse non si trattava di
semplici bombardieri. Il traffico sopra le nostre teste e’ continuato per
tutta la notte, alle sette di stamattina era possibile vedere qualche
jet militare andare avanti e indietro. Poi le news dalla BBC: 1000
americani in nord Irak prendono un arereoporto. E alle 11.00 vediamo dal
cancello del nostro ospedale il primo camion pieno di militari americani
armati. Uno solo per ora, ma "radio people" dice che intorno a Erbil
sono stati paracadutati in parecchi e agiranno nei prossimi giorni insieme
alle milizie curde. Staremo a vedere.

Sembra che la gente stia lentamente tornando in citta’, dopo la fuga
precipitosa della settimana scorsa sulle montagne. Ma i negozi continuano
a rimanere chiusi: chi e’ tornato lo ha fatto solo perche’ le
condizioni climatiche di questi ultimi giorni (freddo e pioggia) rendono la
vita, negli accampamenti di fortuna, molto difficile.
Ho avuto modo di vedere molti accampamenti durane il mio viaggio della
settimana scorsa a Sulaimaniya : quello che colpisce e’ come la gente
si sia organizzata immediatamente, tende, camion, plastiche, secchi,
tavoli e perfino sedie. Sembrava un picnic che si estendeva per circa 150
km. Per forza, ho pensato: sono abituati. Sono abituati a scappare e
poi a tornare e penso che ogni famiglia curda possieda tutto il
necessario per mettersi, nel giro di poche ore, in viaggio verso il "picnic
della guerra".

Sono stato a Kabat ieri, a controllare il nostro Posto di Primo
Soccorso che si trova proprio a ridosso del confine irakeno. Il personale e’
spaventato....certo la posizione non e’ delle piu’ felici, e’ attaccato
a un grosso serbatoio dell’acqua (good target) ed e’ la prima casa in
cima alla salita proveniente dal ponte che divide i due territori.
Ieri si e’ aggiunto un altro problema.....alcuni militari avevano preso
una casetta per la notte proprio vicina al Posto di primo soccorso e a
un’altra casa, dove giornalisti della BBC e di altre reti sono pronti
con i loro "cannoni" fotografici per immortalare l’eventuale inizio
delle ostilita’. Dopo una notte passata a litigare con i giornalisti sembra
che americani abbiano capito che non e’ un buon posto per fermarsi,
evitando cosi’ di mettere ulteriormente a rischio altre persone..

Comunque il lavoro continua.....pochi pazienti, clima di attesa, e la
paura dei gas che lentamente sta passando. Forse l’attesa sara’ breve,
ora che sembra che gli americani si stiano attestando a 60 km a nord est
di Erbil, nell’aereoporto di Harier. Qualcuno e’ contento, qualcuno ha
paura, io penso solo ai feriti che arriveranno, alle loro storie, ai
loro familiari e a mia figlia, orgogliosa del lavoro che fa il suo papa’
e che all’asilo continua, ostinata, a ripetere che ha capito solo che
la guerra non serve a niente.
Mario

-----------------------------------------------------
Kabul, 20 Marzo 2003

Sono tornato ieri da un viaggio di due settimane che mi ha portato a
visitare una buona parte di questo paese fino a sconfinare in Iran. Lo
scopo del viaggio era quello di trovare materiali da costruzione per
l’ospedale che Emergency sta costruendo a Laskargah, nella provincia
dell’Helmand, a sud di Kandahar.
La prima impressione č stata che Kabul č Kabul, poi c’č l’Afghanistan.
Immense distese desertiche, villaggi di Cuci dediti alla pastorizia che
girano coi dromedari. Cittŕ come Herat, con moschee antiche con
minareti altissimi fatti solo di fango. Montagne bellissime. E’ un paese
veramente segnato dalla guerra e da quello che questo comporta, le strade
per esempio sono un ricordo e per percorrere i circa 480 Km che separano
Kabul da Kandahar occorrono circa 15 ore con una jeep mentre i camion
impiegano circa una settimana!
Ho visto perň un paese vivo, gli afgani sono incredibili, sorridono e
salutano, il loro motto sembra essere: Muskele nist (non c’č problema).
Se manca la strada, la inventano; non c’č da mangiare, digiunano; se si
rompe la macchina, si fermano sul bordo della strada ed aspettano che
qualcuno si fermi ad aiutarli e state certi che qualcuno si fermerŕ.
Sono persone curiose, nel senso positivo del termine, ed estremamente
positive e generose.
Penso che loro non vogliano essere come noi, secondo me vogliono vivere
nel loro paese, secondo le loro regole, come piace a loro e dopo troppi
anni di spedizioni coloniali, piů o meno dichiarate, mi sembra che ne
abbiano anche il sacrosanto diritto.
Stamane č iniziata l’ennesima guerra, per ora qui non se ne risente.

A presto, ciao
Massimiliano

"Su cio' di cui non si puo' parlare, non si deve tacere... ma si deve scrivere"

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