your actual page is starting */ body { background-color: #FFFFCC; } .header { background-color: #FF9900; border-bottom: 2px solid #000000; } h1 { font-family: "Trebuchet MS", Helvetica, sans-serif; font-size: 50px; color: #993300; padding-left: 57px; padding-top: 15px; padding-bottom: 10px; } .leftedge { background-color: #996699; } h3 { font-family: "Tahoma", sans-serif; font-size: 15px; color: #993300; padding-top: 20px; } .date { padding-left: 20px; padding-bottom: 2px; border-bottom: 2px solid #996699; } blockquote, p { font-family: "Tahoma", sans-serif; font-size: 12px; color: #993300; line-height: 18px; } .postinfo { font-size: 10px; font-style: italic; padding-bottom: 7px; padding-left: 15px; } .rightbar { background-color: #996699; border-left: 2px solid #000000; border-bottom: 2px solid #000000; padding-left: 15px; padding-right: 5px; padding-bottom: 30px; padding-top: 20px; } .blogarchive { color: #FFFF66; } a:link { color: #33CC00; } a:visited { color: #FFCC00; } a:hover { color: #99CC66; } /* end of the style definition */

etcetera

     

lundi, août 04, 2003

 
Congo: MSF denuncia continue violenze
Dopo 50.000 morti, una parte della regione č terra di conquista per le numerose milizie etniche



L'organizzazione internazionale umanitaria Medici Senza Frontiere denuncia la totale assenza di protezione dei civili nella regione di Ituri nord-est del Congo teoricamente protetta da un contingente internazionale. Intanto al Palazzo di Vetro i lavori che dovrebbero portare all'incremento del contingente internazionale vanno a rilento.
Nel rapporto intitolato " Ituri le promesse non mantenute", MSF denuncia come "l'attuale livello di protezione e assistenza dei civili č molto lontano dall'essere accettabile". In tutta la regione, che ha giŕ pagato un tributo di 50 mila morti dall'inizio del conflitto, solo alcune zone della cittŕ di Bunia sono sicure. Il resto della regione č diventato invece terra di conquista per le numerose milizie etniche. Di questi giorni le notizie di nuovi massacri attorno a Bunia, dall'inizio del mese si contano giŕ 150 vittime.

In un appello reso pubblico alcuni giorni fa da Pax Christi si sottolinea come si renda ormai necessaria un'estensione dei mandati di peacekeeping ed un maggiore coinvolgimento di Onu e Ue per poter pensare di porre una fine alle ripetute stragi nella regione. I lavori al Palazzo di Vetro per aumentare il contingente proseguono invece per il momento a rilento e la forza di pace guidata dai militari francesi, presente sul territorio, non ha il mandato per operare all'infuori di Bunia.

Warnews nota come i recenti sviluppi politici a Kinshasa, che sembrano aver portato ad uno sblocco della situazione con la formazione di un governo capitanato dal presidente Joseph Kabila, rischia di far passare in secondo piano il conflitto in Ituri, la cui soluzione appare indispensabile per il futuro ancora molto incerto del paese.

Tratto da: unimondo

Alcuni links:
Medici Senza Frontiere
War News
Pax Christi
One World
 
Internet sotto sorveglianza
Alcuni governi e organismi dimostrano di temere Internet e la sua capacitŕ di diffondere la veritŕ



"Internet č uno dei veicoli piů validi per la difesa della libertŕ, poiché offre la veritŕ a chi vuole vederla e intenderla. Non č quindi sorprendente che alcuni governi e organismi dimostrino di temere Internet e la sua capacitŕ di diffondere la veritŕ".
Con queste parole di uno dei padri della rete, Vinton G. Cerf, la celebre organizzazione Reporters sans frontičres ha annunciato la disponibilitŕ del rapporto 2003: "Internet sotto stretta sorveglianza - Gli ostacoli alla circolazione della libera informazione sulla Rete".
Se il numero di internauti cinesi raddoppia praticamente ogni sei mesi, e quello dei siti si duplica ogni anno, questa crescita folgorante della Rete si accompagna ad un altrettanto notevole sforzo di controllo, di censura e di repressione proporzionale alla dinamica espansiva che ha caratterizzato lo sviluppo del Net. Leggi liberticide, cyberdissidenti prigionieri, siti bloccati, sorveglianza dei forum di discussione, cybercaffč chiusi, in Cina in particolare. Insomma: per tentare di mettere la museruola alla Rete, i governi non esitano a mettere in campo un imponente apparato repressivo.

Arresti di cyberdissidenti, blocco dell'accesso ai siti giudicati "politicamente o culturalmente scorretti", controllo della posta elettronica... per quanto assai poco sviluppata in paesi come il Vietnam, dove Internet č da sempre nel mirino del Partito comunista. Il governo di Hanoi sembra intenzionato infatti a voler riprodurre alla lettera in modello cinese di controllo della Rete.

"Con un permesso di accesso sottoposto a una serie di rigide autorizzazioni e un razionamento della strumentazione necessaria - scrive Reporters sans frontičres - Internet a Cuba sembra costretto invece a rimanere un fenomeno limitato e sottoposto ad altissima sorveglianza. La strumentazione necessaria, compresa quella di ultima generazione, č in pratica disponibile solo nei negozi specializzati gestiti dallo Stato, accessibili peraltro solo previa autorizzazione da parte delle autoritŕ competenti. Del resto, il governo ha iniziato a legiferare fin dall'apparizione di Internet sull'isola. Nel giugno 1996, il decreto-legge 209, intitolato "Accesso dalla Repubblica di Cuba alla rete informatica globale", precisava che il suo utilizzo non poteva essere fatto "in violazione dei principi morali della societŕ cubana o dei testi di legge in vigore nel paese", e che i messaggi di posta elettronica non devono in alcun caso "compromettere la sicurezza nazionale".

In Tunisia, la linea ufficiale sembrerebbe apparentemente essere favorevole allo sviluppo rapido e a una democratizzazione esemplare di Internet. Eppure, i servizi di sicurezza continuano ad operare in direzione di un'implacabile sorveglianza del cyberspazio. Censura dei siti, intercettazione delle e-mail, controllo serrato dei cybercaffč, arresti e condanne arbitrarie continuano a essere il pane quotidiano degli internauti. Arrestato nel 2002, il cyberdissidente Zouhair Yahyaoui č stato condannato a due anni di carcere.

"In totale - continuano Reporters sans frontičres - al 13 giugno 2003, risultano essere oltre una cinquantina gli internauti prigionieri nelle varie carceri del mondo, di cui almeno tre quarti sono detenuti in Cina.

Se Internet sembra essere diventato ormai la bestia nera dei regimi autoritari ad ogni latitudine, senza eccezione neppure per le nostre belle, vecchie democrazie, l'adozione di una serie di leggi antiterrorismo ha, di fatto, rafforzato il controllo delle autoritŕ sulla Rete e messo in pericolo il principio della protezione delle fonti giornalistiche. Come č il caso soprattutto degli Stati Uniti, del Regno Unito o della Francia.
Se prima dell'11 settembre una parte importante del dibattito sulle cose della rete in Occidente verteva proprio sul difficile equilibrio tra sicurezza, privacy e libertŕ digitali, dopo i drammatici eventi di New York e Washington tutto č cambiato e la bilancia si č spostata completamente sul fronte della sicurezza. Sull'altare della sicurezza sono stati sacrificati diritti che un tempo non venivano neppure messi in discussione.

"Questo rapporto - spiegano gli autori - affronta quindi la situazione di Internet in 60 paesi, nel periodo temporale che va dalla primavera 2001 alla primavera 2003. La prefazione č a cura di Vinton G. Cerf, che viene considerato il 'padrč di Internet".

Come noto Cerf č una delle menti dietro il protocollo di comunicazione in rete nonché dietro numerose altre iniziative per lo sviluppo di internet. Con molte dichiarazioni, come quella riportata in testa a questo articolo, Cerf ha sostenuto la bandiera delle libertŕ digitali, quale veicolo di un mondo migliore.

La versione integrale del rapporto 2003 č disponibile ora sul sito dell'organizzazione. Puň essere scaricato in pdf e per 10 euro piů le spese si puň acquistare anche la brochure rilegata.

Di seguito alcuni emblematici casi di gravi episodi di censura estratti dal rapporto.

42 cyberdissidenti sono prigionieri in Cina, tra cui:
Liu Di, detenuta in una localitŕ segreta
Liu Di, 22 anni, č stata arrestata nel campus dell'universitŕ di Pechino, il 7 novembre 2002. Da allora, č prigioniera in una localitŕ segreta. Studentessa di psicologia, "il mouse inossidabile" - era questo il suo pseudonimo in Internet - aveva incoraggiato gli internauti a "ignorare la propaganda del regime cinese" e invitato a "vivere in tutta libertŕ".

Huang Qi condannato a cinque anni di carcere
Creatore del sito Internet www.tianwang.com, Huang Qi č stato arrestato, il 3 giugno del 2000. Ha dovuto aspettare tre anni prima di sapere di essere stato condannato a cinque anni di carcere per "sovversione" e "incitamento alla rivolta contro i poteri dello Stato". Al momento del suo processo-farsa che si č tenuto a porte chiuse nell'agosto 2001, il cyberdissidente, sfinito dai lunghi interrogatori e dalle pesanti condizioni di detenzione, portava sul volto e sul corpo i segni evidenti dei maltrattamenti che gli venivano regolarmente inflitti dai suoi guardiani.

3 cyberdissidenti sono prigionieri alle Maldive, tra cui:
Ahmad Didi condannato a 25 anni di carcere
Ahmad Didi, 50 anni, era un brillante uomo d'affari e si era candidato per un posto di deputato nel suo paese. Ma con altre tre illustri personalitŕ delle Maldive, ha avuto l'idea di lanciare Sandhaanu, un bollettino di informazioni diffuso su Internet. Il presidente delle Maldive ha ordinato il loro arresto nel gennaio 2002. Nel luglio dello scorso anno, sono stati condannati a una pena di 25 anni di carcere per aver "insultato il Presidente " e aver tentato di "rovesciare il governo (...) creando un bollettino chiamato Sandhaanu". Dopo l'annuncio della sentenza, le autoritŕ del paese hanno rifiutato il ricorso in appello ai prigionieri, che continuano a essere sprovvisti di avvocati per la loro difesa.

5 cyberdissidenti sono prigionieri in Vięt-nam, tra cui:
Le Chi Quang condannato a quattro anni di carcere
Le Chi Quang, 32 anni, laureato in chimica e in diritto, č stato arrestato il 21 febbraio 2002 in un cybercaffč di Hanoi da un poliziotto in borghese che si era spacciato per un internauta. Č stato condannato, l'8 novembre 2002, a quattro anni di carcere per aver pubblicato su Internet degli articoli critici nei confronti del regime comunista. Nonostante questo cyberdissidente sia gravemente sofferente per problemi di insufficienza renale, il tribunale di Hanoi ha recentemente rifiutato la sua liberazione per "motivi di salute".

1 cyberdissidente č prigioniero in Tunisia:
Zouhair Yahyaoui condannato a due anni di carcere
Nel luglio 2001, appena laureato e disoccupato con la passione di Internet, Zouhair Yahyaoui lancia, dalla Tunisia, un sito di informazioni. Il 4 giugno 2002, viene arrestato in un cybercaffč alla periferia di Tunisi.
Durante gli interrogatori, il cyberdissidente rivela la password del sito e viene ferocemente torturato. Il 10 luglio 2002, viene condannato a due anni di carcere per "diffusione di notizie false". Dall'inizio dell'anno 2003, Zouhair Yahyaoui č entrato per ben tre volte in sciopero della fame.

Tratto da: puntoinformatico
 
Missione di Amnesty International a Bagdad
La promessa di portare i diritti umani a tutti gli iracheni deve essere ancora rispettata



Mentre le giubbe blu americane portavano a casa i primi due scalpi veramente importanti della loro guerra in Iraq (Uday e Qusay, i figli di Saddam), a Bagdad arrivava una missione di Amnesty international. Scopo della missione, che durerŕ fino a venerdě 25 luglio, č quello di verificare di persona il rispetto dei diritti umani da parte delle forze occupanti e ribadire l'impegno dell'associazione per assicurare la giustizia nel paese. Una giustizia giusta, usando una formula assai di moda in Italia, e non una giustizia faidate, da crociati dell'impero occidentale. Che č, purtroppo, quello che sta invece accadendo, come dimostra il primo comunicato diffuso oggi dalla delegazione di Amnesty: ci sono infatti poche luci e moltissime ombre sull'operato dei "liberatori" dopo la caduta del regime di Saddam. Ma ecco la versione integrale del j'accuse, inviataci via mail dalla sezione italiana dell'organizzazione.

DIRITTI UMANI, UN FALLIMENTO CONTINUO

Dopo oltre cento giorni di occupazione la promessa di portare i diritti umani a tutti gli iracheni deve essere ancora rispettata, ha dichiarato oggi Mahmoud Ben Romdhane, a capo della delegazione di Amnesty international attualmente in missione in Iraq. Descrivendo i contenuti di un memorandum sulle preoccupazioni riguardanti il rispetto della legge e dell'ordine, Ben Romdhane ha affermato: "Il popolo iracheno ha sofferto troppo a lungo: č una vergogna dover sentire ancora di persone detenute in condizioni inumane, senza che le loro famiglie sappiano dove sono finite e senza poter avere accesso a un giudice o a un avvocato, spesso per settimane".
Secondo le testimonianze di ex detenuti raccolte da Amnesty, i prigionieri della Coalizione (cosě vengono definite le forze angloamericane protagoniste della guerra in Iraq, ndr.) venivano tenuti in tende in condizioni climatiche estreme e non avevano sufficiente acqua da bere o per lavarsi. Erano costretti a usare trincee all'aperto come servizi igienici e non veniva loro fornito ricambio, anche a due mesi di distanza dall'arresto.

Amnesty ha indagato su una serie di casi di detenzione illegale, in cui le forze della Coalizione hanno subordinato all'autorizzazione di un proprio alto ufficiale l'esecuzione degli ordini di scarcerazione emessi dai giudici inquirenti iracheni. "Si tratta di una flagrante violazione della legge", ha accusato il delegato dell'associazione Curt Goering. L'organizzazione per i diritti umani ha ricevuto denunce di torture e maltrattamenti da parte delle forze della Coalizione. I metodi comprendono la privazione del sonno, l'obbligo di rimanere a lungo in posizioni dolorose, spesso combinato alla diffusione di musica ad alto volume, l'incappucciamento e l'esposizione a luce intensa. "Molti dei soldati della Coalizione e dei membri della polizia militare incaricati di far rispettare la legge non hanno le conoscenze e gli strumenti di base per essere impegnati in attivitŕ di polizia civile o per sapere qual č la legge che si suppone debbano far applicare", ha aggiunto Goering.

Le persone intervistate da Amnesty hanno denunciato che i soldati hanno devastato proprietŕ private come automobili e arredamenti anche quando i proprietari avevano loro fornito le chiavi. In numerosi casi č stata segnalata anche la confisca di beni e danaro a seguito di arresti, cosě come la loro mancata restituzione al momento della scarcerazione. In un caso, le autoritŕ statunitensi hanno ammesso che alcuni militari avevano commesso un reato, prelevando tre milioni di dinari (circa 2000 dollari) da un'abitazione. Il risarcimento, a loro dire, sarebbe stato lungo e difficile perché non vi era modo di capire dove fosse stazionata la divisione accusata di quel reato.
Amnesty international ha documentato diversi casi di uccisioni di manifestanti iracheni da parte di soldati americani in circostanze controverse. Se č vero che le forze della Coalizione sono impegnate in situazioni complesse (tra cui operazioni di combattimento e casi in cui la forza puň essere necessaria, ad esempio per disperdere dimostrazioni violente), esse devono comunque rispettare gli standard internazionali.

Il 26 giugno il dodicenne Mohammad al-Kubaisi č stato colpito dalle forze americane mentre queste stavano perlustrando la zona intorno alla sua abitazione. Quella sera, come al solito, il ragazzo stava portando in terrazza la biancheria da letto quando un soldato ha aperto il fuoco dalla casa di fronte. I vicini hanno tentato di caricarlo su un'auto per trasportarlo al vicino ospedale, ma sono stati bloccati da un mezzo militare americano. I soldati li hanno costretti a sdraiarsi a terra e dopo quindici minuti li hanno obbligati a tornare a casa perché era scattato il coprifuoco. A quel punto Mohammad era giŕ morto.

A seguito delle riforme introdotte dalle Potenze Occupanti, i tribunali iracheni non hanno piů giurisdizione sul personale della Coalizione in relazione a questioni di natura civile e penale. "Data la natura delle accuse che stanno emergendo, le autoritŕ provvisorie della Coalizione devono chiarire urgentemente quali sono i meccanismi disciplinari e penali adottati per chiamare le forze della Coalizione, e le stesse autoritŕ provvisorie, a rispondere del proprio operato", ha aggiunto Mahmoud Ben Romdhane.
Nel suo memorandum, Amnesty international manifesta apprezzamento per alcune delle misure assunte dai governi di Stati uniti e Regno Unito nell'ambito dell'amministrazione dei poteri provvisori, come la sospensione della pena di morte e l'abolizione dei tribunali speciali rivoluzionari e di quelli per la sicurezza nazionale, noti per la clamorosa irregolaritŕ dei loro processi.

Testo di Maurizio Pluda

Tratto da: clarence

Il sito di Amnesty dedicato alla crisi irachena
 


Viaggio a Bagdad
Il diario di viaggio di una reporter indipendente che ha di recente compiuto un viaggio nella capitale irachena


Sono le h. 17,00 quando arriviamo a Baghdad. Il viaggio č stato molto lungo.
Eccola Baghdad! Ho atteso con ansia questo momento. Baghdad che in arabo significa per ironia della sorte "la cittŕ della pace".
Oltrepassiamo il Palazzo Presidenziale, completamente circondato da filo spinato, diventato la roccaforte dell'esercito americano.
Vedo le macerie di interi palazzi e mi domando quante persone siano morte. Mi feriscono queste immagini. Il nostro autista, Karim, dice che oggi il traffico č abbastanza scorrevole.

Arriviamo, finalmente alla nostra abitazione nel quartiere di Al Adhamia. E' una villetta su due piani con un piccolo giardino intorno. Mi riferiscono che č uno dei quartieri piů tranquilli della cittŕ.
Scendiamo dalla macchina per scaricare i nostri bagagli ed il carico di medicinali che si sono portati dietro i miei compagni di viaggio: Tusio De Iuliis dell'Associazione Aiutiamoli a Vivere ed il Dott. Marino Andolina, medico pediatra. Con noi c'č anche Angelo, un membro dei berretti bianchi.

E' caldo a Baghdad. Saranno 50 gradi all'ombra.
Per istinto, prima di scendere dalla macchina - senza spiegarmi esattamente cosa mi abbia spinto a farlo - indosso il ishari (il copricapo che indossano le donne mussulmane).

Immediatamente veniamo avvicinati da un nostro vicino che abita nella casa a fianco la nostra.
Sua moglie, Kaila ci offre un bicchiere di Pepsi e mi invita ad entrare.
Accetto l'invito con immenso piacere.

Kaila, ha 34 anni, abita da poco in questo quartiere. Si č sposata solo sei mesi fa. E' molto simpatica.
Indossa uno sdidash con colori vivacissimi.
"Fadali, Fadali" (accomodati), mi dice invitandomi a sedere su un divano del suo salotto. Poi si scusa perchč non puň accendere il ventilatore e la luce: manca la corrente elettrica.

"Come mai parli l'arabo?" , mi chiede. Le spiego che vivo in Giordania e sono sposata con un arabo.

"Hai figli?"

"Sě - dico - due: Sarah ed Awwad". Le racconto che siamo italiani e le spiego i motivi per cui siamo in Iraq io e i miei compagni di viaggio.

Le mie parole la rendono molto felice. Ha tanta voglia di esprimersi e di parlare. Non esce quasi mai di casa.
Kaila č un fiume di parole. Senza bisogno di chiederlo mi racconta il suo stato d'animo:

"Ho paura. Le strade non sono tranquille. Ci sono bande di ladri armati. Non vado a fare la spesa da sola. Prima non era cosě... Guarda in che condizioni siamo!
La corrente elettrica manca per molte ore al giorno, anche di notte. Non riusciamo a dormire bene. Anche per pulire la casa ho difficoltŕ."

Perché, le chiedo, manca l'acqua?

"No! - mi risponde - adesso non manca l'acqua, ma quando non c'č la corrente elettrica il motorino che pompa l'acqua si ferma. E' per questo. La vita sta diventando ogni giorno sempre piů invivibile. Gli americani hanno fatto promesse. Dove sono tutte quelle cose che volevano fare per l'Iraq e per il suo popolo?".

Devo salutarla per raggiungere i miei amici. Lei mi dice: "torna domani a farmi compagnia!" .
"Insciallah", le rispondo.
Mi dispiace lasciarla.

Quando raggiungo i miei compagni di viaggio vedo che hanno scaricato giŕ tutto, perň mancano le chiavi per entrare in casa. La prospettiva di dormire in giardino č quella piů probabile.
Vengono in nostro aiuto le persone che abitano nella casa di fronte a noi.
Che strano! Siamo venuti in Iraq per portare aiuti e ci troviamo ad essere aiutati dagli iracheni.

Loro conoscono il proprietario che ha affittato la villa al Dott. Andolina e si offrono di andare a prendere le chiavi.
Intanto, per non farci aspettare all'aperto e sotto il sole, anche loro ci invitano ad entrare in casa.

Humm Sarah, (tradotto letteralmente: "la mamma di Sarah" ), mi presenta tutti i membri della sua famiglia, poi va in cucina a prepararci una tazza di caffč nero. Sono molto ospitali.
Anche loro ci chiedono i motivi del viaggio ed iniziano a raccontarci alcuni episodi. Il marito, Abu Sarah, lavora a Basra.
Una settimana fa č stato rapinato da alcuni malviventi che lo hanno colpito sulla testa ed č stato costretto a rimanere a casa.

Questa famiglia č mussulmana sunnita. A loro non piaceva Saddam Hussein, ma non gli piacciono gli americani.
Lo dicono chiaramente: "Gli americani devono andarsene!" .

Sono tutti molti gentili con noi. Ci invitano a cena.
Accettiamo ad una condizione, che la cena la prepariamo noi:
"Spaghetti al pomodoro", dice Tusio con fare affabile.
"Taieb" (va bene) risponde Humm Sarah. Intanto, ci portano le chiavi per entrare nel nostro appartamento.

Passa una pattuglia. Soldati americani a piedi.
Sono disposti in due file a semicerchio sui due lati della strada. I mitra puntati pronti a sparare.
Sono tutti ragazzi molto giovani. Hanno paura. Si sente la loro paura.

Mentre prepariamo la cena, Eggiar, la secondogenita, č intenta a lavare le stoviglie. E' una bellissima ragazza.
Humm Sarah, mi racconta che cinque anni fa le fu asportato un seno. Aveva un cancro alla mammella. Parla della sofferenza passata in quel periodo. La chemioterapia che le fece perdere i capelli, la sofferenza. Fortunatamente il male č stato debellato. E' una donna forte Humm Sarah. Ha 42 anni ed ha un bellissimo viso. "Allah Karim" (Dio č generoso) mi dice con dolcezza. Mi viene voglia di abbracciarla.

Accusa ancora dolori alla testa ed alle braccia. Mi chiede se abbiamo delle aspirine o degli antidolorifici con noi in modo che la notte possa dormire tranquilla.
Le dico che provvederň a farglieli avere.

Dopo cena, salutiamo i nostri amici. E' tardi, fra poco inizierŕ il coprifuoco.
La nostra casa č molto calda. Siamo senza luce e sarŕ cosě fino a domani mattina.
Ho appena dato la buonanotte ai miei compagni di viaggio quando sento degli spari.

Marino mi viene incontro e mi dice: "Tutto bene?"
"Sě!" , rispondo.
"Pensavo avessi paura degli spari", ribatte lui.
Lo guardo e non so cosa rispondergli.
E' vero! In questo momento non so se ho paura.

Solo quando mi trovo sola nella mia stanza, al buio, con questo caldo incredibile e gli spari che si fanno piů insistenti e sembrano piů vicini a noi, ho un tremito e penso ai miei figli ed a mio marito.
Non so se riuscirň a dormire questa sera.

Provo un immenso dolore! Dolore per questo paese cosě martoriato! Dolore per questo popolo!
Mi sento cosě impotente di fronte a tutto questo.
Spero di riposarmi un poco. Domani sarŕ una giornata intensa. (Continua)

Testo di Rosarita Catani

Tratto da: warnews

"Su cio' di cui non si puo' parlare, non si deve tacere... ma si deve scrivere"

Archivi



Hai una notizia o un'iniziativa da segnalare? Vuoi commentare qualcosa? SCRIVIMI





Powered by TagBoard Message Board
Nome

URL or Email

Messages(smilies)


UNITED BLOGZINE of WWW

(Cos'e'? - Siti membri)








Manda una e-card per dire "No alla guerra", insieme ad Emergency

Iraq Attack: lo speciale che non avremmo mai voluto fare.

E-JOURNAL

PinoScaccia-BaghdadCafe'
PS_BaghdadCafe'
BloggerDiGuerra
BuioBuioneMuro
Iraq Attack
OsservatorioGuerra
PinoScacciaDaKabul
SubtleSpecialeBaghdad
WarBlogs



>AudiBlog
>AltroMedia
AndrewSullivan
>BarbaraMelotti
BarSauro
>BrodoPrimordiale
>>BuioBuione
>ClaudioSabelliFioretti
ChatMania
ChristianRocca
>>EcapBlog
ElMundo
Erroneo
FilippoSolibello
>GinoRoncaglia
Giornalismi
GnuEconomy
IlMonello
>Inter(nazionale)blog
>>LB.GiornalariSiNasce
>>LB.IlMondoInvisibile
>Leonardo
LiberaUscita
>ManteBlog
MeetingBlogico
LucaDiCiaccio
LucaSofri
Onino
Onnivora
>>PinoScaccia
>>PinoScacciaDietroIlTg
R-esistenza
SamueleVenturi
LaSputacchieraDiProserpina
>>Sten-netsTerracqueo
Subtle
TNTmagazine
Trascendentale
Uiallalla
>Utopia


LINK

DtuttoD+
AlessandroBaricco
Amelie
Alcatraz
CompagnoSegreto
ContinenteNero
InAfrica
Incandenza
In-Public
ForumSoleluna
Millevoci
MitěVigliero
Poesie
Pecoranerate
Pippol
StefanoBenni

DirittiUmani&co.
Amnesty
Amref
AntiSlavery
Barriere
Basta1click
DataData
FreeBurma1
FreeBurma2
DonneAfgane
CooperazioneEsviluppo
Emergency
HumanRightWatch
MediciSenzaFrontiere
NessunoTocchiCaino
NetAid
Ong
Peacelink
ReteLilliput
SaveTheChildren
Sdebitarsi
SalaamBaghdad
Survival
TelefonoAzzurro
Unimondo
Witness

Ecologia&Co.
ChernobylChildren'sProject
FondoPerLaTerra
Greenpeace
Promiseland

Informazione&Co.
Allistante
Aljazira
Adnkronos
Ansa
AudiBlog
BeppeSevergnini
Carta
ClaudioFava
Corriere
CnnItalia
DentroLaNotizia
DiegoCugia
DieZeit
DieWelt
Economist
Erroneo
GianniMina'
GiornaleDiSicilia
Granbaol
GruppoUtopia
IlFatto
IlManifesto
InformationGuerrilla
ItalyIndymedia
Indymedia
Internazionale
InternazionaleFirme
InternazionaleDocumenti
Italians
LaBustina
LaSicilia
LauraBogliolo
LeMonde
LiberaUscita
Mediawatch
Misna
Misterid'Italia
PinoScaccia
RadioPopolare
RaiEducational
RaiNews24
RaiReport
RaiSciuscia'
ReporterSenzaFrontiere
Repubblica
SalvatoreParlagreco
SkipIntro
Sten-nets
Supergiornale
TheGuardian
TheNewYorkTimes
TheTimes
TizianoTerzani
TNTmagazine
Trascendentale
VincenzoMollica
WarNews



















This page is powered by Blogger. Isn't yours?