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etcetera

     

lundi, octobre 27, 2003

 
La giostra boliviana di Eduardo Galeano

Un'immensa esplosione di gas: questa č stata la ribellione popolare che ha scosso tutta la Bolivia e che č finita con la rinuncia del presidente Sánchez de Lozada, che č fuggito lasciando dietro di sé una scia di morti. Il gas avrebbe dovuto essere mandato in California a un costo bassissimo e in cambio di misere regalie, attraverso le terre cilene che in altri tempi erano state boliviane. La partenza del gas da un porto del Cile ha gettato sale sulla ferita in un Paese che da piů di un secolo esige invano di recuperare l'accesso al mare perduto nel 1883 nella guerra vinta dal Cile.

Ma la destinazione del gas non č stato il motivo piů importante della furia che si č scatenata ovunque. L'indignazione popolare, a cui il governo, come sempre, ha risposto sparando, seminando di morti le strade, ha avuto un'altra ragione essenziale. La gente si č ribellata perché si rifiuta di accettare che con il gas succeda quanto accaduto con l'argento, il salnitro, lo stagno e tutto il resto.

La memoria fa male e insegna: le risorse naturali non rinnovabili se ne vanno senza dire addio, e non tornano mai piů.

Nel lontano 1870 un diplomatico inglese ebbe in Bolivia uno sgradevole incidente. Il dittatore Mariano Melgarejo gli offrě un bicchiere di chicha, la bevanda nazionale fatta di mais fermentato; il diplomatico ringraziň ma disse che preferiva il cioccolato. Melgarejo, con la sua delicatezza abituale, lo obbligň a bersi un secchio enorme di cioccolato e poi lo fece andare in giro in groppa a un asino, alla rovescia, per le strade della cittŕ di La Paz. Quando la regina Vittoria a Londra seppe l'accaduto, ordinň di portarle una cartina geografica, fece una croce sul Paese con un gessetto e sentenziň: «La Bolivia non esiste».

Questa storia l'ho sentita diverse volte. Sarŕ andata proprio cosě? Puň darsi di sě, puň darsi di no. Ma quella frase attribuita all'arroganza imperiale si puň leggere anche come una sintesi involontaria della storia tormentata del popolo boliviano.

La tragedia si ripete, la giostra gira e rigira: da cinque secoli le favolose ricchezze della Bolivia maledicono i boliviani, che sono i poveri piů poveri del Sudamerica. «La Bolivia non esiste»: non esiste per i suoi figli. Nella lontana epoca coloniale, per piů di due secoli l'argento di Potosí fu il principale alimento dello sviluppo capitalista europeo. Si diceva «Vale un Potosí» per elogiare ciň che non aveva prezzo. A metŕ del XVI secolo la cittŕ piů popolosa, piů cara e piů spendacciona del mondo sorse e s'ingrandě ai piedi della montagna che produceva argento. Quella montagna, il cosiddetto Cerro Rico, inghiotteva indigeni. «Le strade erano talmente affollate che sembrava che il regno stesse traslocando», scrisse un ricco industriale minerario di Potosí: le comunitŕ si svuotavano di uomini che, da ogni dove, camminavano prigionieri verso la bocca che portava nei cunicoli. Fuori, temperature di gelo. Dentro, l'inferno. Di dieci che ne entravano, ne uscivano vivi solo tre. Ma i condannati alla miniera, che duravano poco, producevano la fortuna dei banchieri fiamminghi, genovesi e tedeschi, creditori della corona spagnola, ed erano quegli indigeni a rendere possibile l'accumulazione di capitali che trasformň l'Europa in quello che essa č.

Che cosa ne č rimasto in Bolivia di tutto quello? Una montagna vuota, una innumerevole quantitŕ di indigeni uccisi dallo stremo e diversi palazzi abitati da fantasmi.

Nel XIX secolo, quando la Bolivia fu sconfitta nella cosiddetta Guerra del Pacifico, non perse solo il suo sbocco al mare, rimanendo rinchiusa nel cuore del Sudamerica, perse anche il salnitro.

Secondo la storia ufficiale, che č storia militare, il Cile vinse quella guerra, ma la storia reale constata che il viNcitore fu l'imprenditore britannico John Thomas North. Senza sparare un colpo e senza spendere un centesimo, North conquistň territori che erano stati della Bolivia e del Perů e divenne il re del salnitro, che a quel tempo era il fertilizzante imprescindibile per alimentare le stanche terre europee.

Nel XX secolo la Bolivia fu il principale fornitore di stagno nel mercato internazionale. I contenitori di latta che diedero fama a Andy Warlhol, provenivano dalle miniere che producevano stagno e vedove. Nella profonditŕ delle gallerie l'implacabile polvere del silicio uccideva per soffocamento. Agli operai imputridivano i polmoni affinché il mondo potesse consumare stagno a basso costo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Bolivia contribuě alla causa degli alleati vendendo il suo minerale a un prezzo dieci volte piů basso del solito prezzo basso. I salari operai si ridussero al nulla, ci furono scioperi, le mitragliatrici sputarono fuoco. Simón Patińo, padrone del business e padrone del Paese, non dovette pagare indennizzi, perché l'uccisione col mitra non č un incidente sul lavoro.

All'epoca don Simón pagava cinquanta dollari all'anno di tasse sui redditi, ma pagava molto di piů al presidente della nazione e a tutto il suo gabinetto.

Lui era stato un morto di fame baciato in fronte dalla dea Fortuna. I suoi nipoti entrarono nell'aristocrazia europea. Si sposarono con conti, marchesi e membri di case regnanti.

Quando la rivoluzione del 1952 fece cadere Patińo e nazionalizzň lo stagno, il minerale che rimaneva era poco. Non piů dei resti di mezzo secolo di sfruttamento sfrenato al servizio del mercato mondiale.

Piů di cent'anni fa, lo storico Gabriel René Moreno scoprě che il popolo boliviano era «cerebroleso». Aveva messo sulla bilancia il cervello indigeno e il cervello meticcio e aveva constatato che pesavano circa cinque, sette e dieci once meno del cervello di razza bianca.

Di tempo ne č passato e il Paese che non esiste continua ad essere malato di razzismo. Tuttavia il Paese che vuole esistere, dove la maggioranza indigena non ha vergogna di essere quello che č, non sputa sullo specchio.

Quella Bolivia, stanca di vivere in funzione del progresso altrui, č il vero Paese. La sua storia, ignorata, abbonda di sconfitte e di tradimenti, ma anche di quei miracoli che sanno fare i disprezzati quando smettono di disprezzare se stessi e quando smettono di litigare fra loro.

Fatti stupefacenti, di grande vivacitŕ, stanno succedendo, senza andare tanto in lŕ, proprio di questi tempi. Nell'anno 2000, un caso unico al mondo: la gente de-privatizzň l'acqua. La cosiddetta «guerra dell'acqua» ebbe luogo a Cochabamba. I contadini camminarono dalle valli e bloccarono la cittŕ e anche la cittŕ si ribellň. Gli risposero a suon di proiettili e gas, il governo decretň lo stato d'assedio, ma la ribellione collettiva andň avanti, inarrestabile, finché nello scontro finale l'acqua fu strappata dalle mani dell'impresa Bechtel e la gente potč di nuovo innaffiare il proprio corpo e le proprie colture. (L'impresa Bechtel, con sede in California, riceve ora la consolazione del presidente Bush, che le regala contratti miliardari in Iraq).

Alcuni mesi fa, un'altra esplosione popolare in tutta la Bolivia vinse niente meno che il Fondo monetario internazionale. Il Fondo fece pagare cara la sua sconfitta con piů di trenta vite assassinate dalle cosiddette forze dell'ordine, ma la gente riuscě nell'impresa: il governo non potč far altro che annullare le imposte sui salari che il Fondo aveva ordinato.

Adesso č la volta del gas. La Bolivia contiene enormi riserve di gas naturale. Sánchez de Losada aveva chiamato capitalizzazione la sua mal dissimulata privatizzazione, ma il Paese che vuole esistere ha appena dimostrato di non avere una cattiva memoria. Ancora la vecchia storia della ricchezza che evapora in mani altrui? «Il gas č un nostro diritto», proclamavano gli striscioni nelle manifestazioni. La gente esigeva e continuerŕ ad esigere che il gas sia messo al servizio della Bolivia, e non che la Bolivia si sottometta, ancora una volta, alla dittatura del suo sottosuolo. Il diritto all'autodeterminazione, che tanto s'invoca e che si rispetta cosě poco, inizia da lě.

La disobbedienza popolare ha fatto perdere un business succulento alla multinazionale Pacific LNG, associata a Repsol, British Gs e Panamerican Gas, giŕ socia della ditta Enron, famosa per le sue abitudini virtuose. A quanto sembra la multinazionale rimarrŕ con la voglia di guadagnare, come pensava, dieci dollari per ogni dollaro d'investimento.

Dal canto suo, il fuggitivo Sánchez de Lozada ha perso la presidenza. Sicuramente non ha perso il sonno. Sulla sua coscienza pesa l'uccisione di piů di ottanta manifestanti, ma questa non č stata la sua prima carneficina e questo portabandiera della modernizzazione non si tormenta per nulla che non sia redditizio. In fin dei conti, lui pensa e parla in inglese, ma non l'inglese di Shakespeare: quello di Bush.

Trad. Marcella Trambaioli

Fonte: Il Manifesto, prima parte, seconda parte
L'articolo originale in inglese

dimanche, octobre 26, 2003

 
LA PACE AVVERRA' PER "EFFETTO FARFALLA"
di LEONARDO BOFF


Tutto nel mondo č dialettico, non perché l'hanno detto Hegel o Marx e prima di loro il pre-socratico Eraclito. Ma perché questa č la legge delle cose retta dal caos e dal cosmo, e dal sim-bolico (ciň che unisce) e dal dia-bolico (ciň che divide).
L'effetto dialettico della guerra della vergogna mossa da Bush contro l'Iraq č il trionfo del movimento per la pace che ha attraversato il mondo intero. Gli operatori di pace non sono solo i gruppi pacifisti, ma la societŕ civile mondiale che si č convinta (infine) che la guerra non č la soluzione per nessun problema. Essa č un problema per l'umanitŕ, poiché, se non fosse tenuta a bada, metterebbe fine all'umanitŕ. E questa volta non possiamo vacillare.
Nei giorni che hanno preceduto la guerra, come anche dopo, si sono susseguite per il mondo le manifestazioni per la pace. Un interlocutore scettico dell'interno della foresta amazzonica mi ha informato per e-mail che anche lŕ si sono svolte, con la partecipazione di indios, lavoratori impegnati nella produzione del caucciů o in attivitŕ collegate al grande fiume, manifestazioni per la pace con tanto di striscioni e slogan. E chiedeva la mia opinione, perché pensava che tutto questo non porta a nulla, perché il secolo XXI sarŕ il secolo degli Stati Uniti e la guerra "intelligente" č il mezzo incontrastato per imporre la "pax americana". Domandava: che significa per la pace mondiale gesto realizzato nel piů ignoto dei luoghi? Gli ho risposto piů o meno nei termini che seguono. Č convinzione dell'umano senso comune che la luce, per debole che sia, vale piů di tutte le tenebre insieme, perché basta un fiammifero acceso per esorcizzare tutta l'oscuritŕ di una stanza e mostrare l'uscita. La luce, per sua natura, fa il suo corso misterioso attraverso lo spazio e sarŕ sempre captata dagli spiriti di luce. Gli ho scritto anche che il bene possiede una forza singolare, come la forza dell'amore. Per questo nulla, pur nei limiti intrinsechi, resiste al bene. Esso finisce per trionfare. Similmente alla forza delle gocce di pioggia sugli immensi incendi in Amazzonia. Una goccia fa molto poco, tanto quanto l'acqua portata da un colibrě che, solidale, vuole dare anche lui il suo contributo. Ma la pioggia non č fatta di gocce? Sono molte gocce, milioni di gocce, quasi milioni di minuscoli colibrě che spengono in poche ore l'incendio piů indomito. É la forza invincibile del piccolo. É importante credere nella forza segreta della buona volontŕ, per minima che sia. Il bene non rimane circoscritto alla persona che lo pratica. Il bene č come la luce, una realtŕ di irradiazione. Come un'onda, segue il suo corso per il mondo, evocando il bene che č in tutti e rafforzando la corrente del bene. Il bene č il riferimento di ogni etica umana. Queste ovvie riflessioni vengono confermate dalla moderna teoria del caos, che allude all'effetto farfalla: un batter d'ali di farfalla nel mio giardino puň produrre una tempesta sul Pentagono. Cioč, tutto č interdipendente. A volte, l'anello apparentemente piů insignificante č responsabile dell'irruzione del nuovo. Qualcuno totalmente sconosciuto, per strada, punta il dito in alto e grida: «guarda, lŕ, lŕ». Puň essere qualunque cosa, che so, un oggetto non identificato. E in un momento, gruppi e moltitudini cominciano a guardare nella stessa direzione. Si dŕ l'effetto farfalla. Il piccolo ha prodotto il grande. In questa concatenazione, chi puň negare che la pace non possa essere lanciata a partire da questo ignoto villaggio dell'Amazzonia? Sě, dal piccolo potrŕ venire la forza segreta della pace.

Leonardo Boff, teologo della liberazione, Brasile.
Testo pubblicato sul n.35 di «ADISTA» del 10.05.2003.
 
Ma cosa hanno i governanti statunitensi nella testa?

Ultime notizie dall'Iraq.
Le citta' sono in preda al caos. La criminalita' e' oltre i limiti del sopportabile.
Ogni giorno muoiono soldati Usa, passanti, guerriglieri di varie fazioni e uomini di pace.
Gli Usa si stanno amaramente rendendo conto che le preoccupazioni dei pacifisti non erano acqua fresca. E sempre piu' appare chiaro che dicevamo il giusto quando sostenevamo che le prove della minaccia nucleare e batteriologica erano inventate dal governo Bush in netto contrasto con le informazioni fornite dalla CIA (vi ricordate il documentario della tv tedesca che trasmettemmo in "Ubu Bas va alla guerra"?).
L'ultimo scoop che siamo in grado di offrirvi lo trovate sui siti della resistenza laica anti Saddam (che ora cercano di costruire una transizione morbida verso l'autonomia del paese dagli Usa e la creazione della democrazia nel paese).

La grande notizia e' che pare proprio che Bush abbia deciso di peggiorare la gia' disgraziata situazione del paese.
Questa volta ci troviamo di fronte a un'azione di una stupidita' e di un cinismo abnormi. Come potrebbe l'amministrazione Usa mostrare al mondo che tutto cio' che ha fatto era pretestuoso e, contemporaneamente, scatenare una guerra civile totale in Iraq?
Qual e' il piano piu' insensato che si potrebbe realizzare?
Allearsi ai superstiti del regime di Saddam e coprirli di soldi e di armi (un'altra volta, gli Usa lo fecero gia' 30 anni fa).
Lo so che non riuscite a crederci ma pare che stia succedendo proprio questo. Anche se nessuno lo dice.
Vogliono reintegrare i burocrati del deposto regime nel governo e nella polizia, a patto che la smettano con la guerriglia e li aiutino (un'altra volta) a far fuori l'opposizione islamica (il partito di Saddam, si ricordera', e' sempre stato laico e ha sempre represso i fondamentalisti islamici nel sangue).
Tradotto in parole povere, l'astuto piano dell'orango tango presidenziale e' quello di riportare al potere la dittatura di Saddam senza Saddam. In fondo e' un vecchio sistema. Anche in Italia si allearono con gli ex fascisti in funzione anticomunista. E in Afghanistan con i fondamentalisti islamici contro i Sovietici. Cioe' non riescono a uscire da questo copione mentale.
Sembra la vecchia storia del villaggio che si vuole liberare dei topi e alla fine e' invaso dai gatti. E poi usa i cani per scacciare i gatti e gli elefanti per scacciare i cani e alla fine sceglie di usare i topi per far scappare gli elefanti.
Ma lo fanno apposta?
Forse si. Si tratta di un pessimo sistema se si desidera la pace ma e' eccellente se vuoi la guerra e cerchi di mantenere l'umanita' sull'orlo del baratro della guerra mondiale e vendere cosi' un numero spropositato di armi. Con questo sistema inoltre si ottengono spaventosi finanziamenti federali per l'esercito, i servizi segreti e le guerre stellari. E quando il nemico e' alle porte certi appalti diventano segreti e puoi star certo che il Presidente possiede una quota nella societa' che prende in appalto la ricostruzione di un paese sotto controllo militare. Un nome a caso: Carlyle. Petrolio, pozzi, petroliere, petroliodotti, palazzi, ponti, porti e pattume. Gente che in una guerra ci sguazza come le papere nel vin brule'.
(Che le papere ci sguazzino ve lo garantisco io che in materia sono un'autorita' internazionale)
Insomma c'e' da restare interdetti. E pregare che gli venga una botta di buon senso. Per chi volesse conoscere l'andamento della situazione (sapendo l'arabo): iraq4allnews.

PS
Ci siamo. Il 3 novembre atlantide.tv sara' in onda su Planet. Ore 19:00-01:00-04:00-14:00. Tutti i giorni.
(www.atlantide.tv)

PPSS
Suppongo stiate seguendo lo psicodramma censorio nazionale: censurare o no la coppia Fo-Rame?
Non mi dilungo sul tema per ragioni di decenza. Rimando, per chi non lo avesse visto, all'articolo di domenica scorsa.

Jacopo Fo

Fonte: alcatraz
 
News dal Centro protesi 'Amel' in Algeria

Il primo paziente del Centro protesi di Medea che Emergency ha assunto come assistente nel laboratorio ortopedico si chiama Ayoub, ha 19 anni e tre anni fa ha perso una gamba per l'esplosione di un ordigno nel suo campo.
Dopo l'incidente Ayoub aveva perso il lavoro e non ha potuto continuare gli studi, come sempre accade soprattutto in contesti "difficili"; anche in Algeria Emergency privilegia i disabili nella scelta dello staff nazionale per dare loro una opportunita' di tornare membri attivi e produttivi della societa'.
Il Centro protesi e riabilitazione di Medea, che si chiama "Amel" (speranza) ha accolto i primi pazienti il 5 agosto scorso, mentre la prima protesi č stata applicata il 20 dello stesso mese.
Il progetto di Emergency di aprire un Centro Protesi in Algeria per le
vittime del terrorismo nasce su richiesta delle autorita' algerine. Nella zona la lista di pazienti in attesa di una protesi e della necessaria riabilitazione conta oltre 400 persone, con una significativa presenza di vittime di atti terroristici. Chi oggi porta le conseguenze piů gravi dell'estrema violenza degli atti terroristici degli ultimi anni, sono soprattutto le popolazioni delle montagne intorno a Medea che di fatto non hanno mai avuto accesso alle strutture sanitarie nazionali e che sono costretti a vivere con arti amputati o con protesi assolutamente inadeguate.
A partire dal mese scorso č stato anche possibile ricoverare i primi pazienti utilizzando due piccole corsie di degenza dell'ospedale adiacente: anche chi viene da lontano ha ora la possibilita' di rimanere a Medea il tempo necessario per le cure.

Anche nell'ospedale di Goderich, in Sierra Leone, un ex-paziente č stato assunto; potete leggere la sua storia in "medici di guerra inviati di pace".

***

CAMBIAMO FINANZIARIA

Nel sito sbilanciamoci si possono leggere le motivazioni e il testo della quarta "controfinanziaria" preparata da Sbilanciamoci: "una coalizione di trenta organizzazioni della societŕ civile che elabora un rapporto annuale nel quale, oltre a dare una lettura complessiva degli orientamenti di politica economica che emergono dalla legge Finanziaria e dal Bilancio dello Stato, sviluppa proposte alternative, puntuali e sostenibili su come usare la spesa pubblica per la societŕ, l'ambiente e la pace".

Emergency aderisce all'iniziativa sin dal suo primo anno (2000), con particolare attenzione, ovviamente, ai temi dei diritti e della pace che vi trovano spazio e rilievo.

E' possibile sostenere questa "controfinanziaria", manifestando condivisione del suo contenuto, firmando la petizione "Cambiamo finanziaria" sul sito.

Fonte: Emergency

"Su cio' di cui non si puo' parlare, non si deve tacere... ma si deve scrivere"

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