Musica piu' che parole. Sicuramente grida, non parole. Camminando oggi dentro l'immenso corteo della pace abbiamo tutti incontrato le stesse cose: le facce, i sorrisi, la speranza. Che dire di piu' per dire no alla guerra all'Iraq? La frase piu' bella che ho sentito e' stata "Togliere la parola guerra dalla storia". L'immagine piu' bella, fra tanti colori, l'ho trovata dietro il palco: la stretta di mano fra due persone, un uomo e una donna. Lei si chiama Fatin, e' palestinese. Lui e' Itai, israeliano. Per un attimo ho sognato una loro storia d'amore: pensate, il figlio della pace. E non dimentichiamo, per piacere, che adesso sono trentadue le guerre in corso nel mondo.
Io c'ero.
Lo dirň piů forte che posso, lo dirň a mia/o figlia/o quando l'avrň, la gente me lo chiedeva stamani quando durante una manifestazione cittadina, le mie occhiaie e la mia bandiera stropicciata, il mio cappello con i colori della pace, lasciavano indendere che c'ero.
IO C'ERO. Per le strade e tra la gente, in cerca di volti amici e di volti nuovi, io c'ero ad applaudire il Comune di Arcore, io c'ero a stringere la mano a Santoro a dirgli che ci manca, che Socci non ci piace.
Io c'ero ad eludere la catena umana che proteggeva i sindaci, io c'ero a dire a Veltroni "bravo!" a salutare il sindaco di Firenze, a driblare bandiere a godersi dall'alto il corteo, a soffocare tra le gente, a ballare dietro un'orchestra, a cantare, parlare, ascoltare, gridare, a salutare.
Io c'ero a cercare una maglia rossa a maniche corte con sotto una blu a maniche lunghe, io c'ero a cercare l'inviato del tg1, io al telefono con matteoc (che oggi compie gli anni AUGURI!), io c'ero a parlare con la gente sconosciuta, a trovare per caso tra la folla l'On. Sasso, a chiamarla per nome perchč siamo conterranee, a chiederle perchč era partita prima la manifestazione, lei che in mattinata era giŕ lě con tutti i parlamentari contro la guerra.
Io c'era e c'erano le mie idee, c'era l'indirizzo delle e-cards UBW su un foglio accanto alla mia bandiera, c'era la mia anima, che a volte ritorna, c'era la voglia di dire NO WAR, c'ero io e altri 2milioni 999 persone.
Corriere ---- «Siamo tre milioni contro la guerra» - Gli organizzatori: a Roma la piů grande manifestazione pacifista mai avvenuta in Italia. La Questura: 650 mila i partecipanti
ROMA - Centinaia di migliaia di persone, secondo gli organizzatori tre milioni, hanno invaso le strade del centro di Roma con le bandiere arcobaleno della pace, in una grande manifestazione accompagnata da musica per dire no alla guerra all'Iraq "senza se e senza ma".
LA PIU' GRANDE - "Siamo oltre tre milioni, č la piů grande manifestazione pacifista mai avvenuta in Italia", ha detto nel pomeriggio un'organizzatrice del Forum sociale europeo, Andreina Albano, mentre fiumane di gente convergevano verso piazza san Giovanni, dove diversi oratori si alternano su un palco per esporre le ragioni contrarie al conflitto contro il regime di Saddam Hussein. La questura sostiene che troppi manifestanti hanno sfilato fuori dall'alveo del corteo principale e che č quindi difficile fornire una cifra, ma stima comunque che i partecipanti siano stati 650 mila.
IL PERCORSO - Lungo una decina di chilometri, il percorso concordato non č riuscito a contenere tutti i partecipanti che hanno invaso in decine di rivoli il centro della capitale. La testa ufficiale del corteo č partita poco prima di mezzogiorno in viale Aventino dietro lo striscione che dice: "No alla guerra senza se e senza ma. Fermiamo la guerra all'Iraq".
I TRENI - Tante le famiglie con bambini che hanno sfilato oggi per le vie di Roma, molti i militanti di gruppi cattolici di base. "Era da tanto che volevo venire, la guerra č la cosa piů brutta", dice Veronica, otto anni, venuta da Perugia, che cammina tenendo per mano altri tre bambini. "Tantissime sono anche le persone che hanno aderito individualmente. Famiglie, condomini interi, centinaia di gruppi di cittadini di ogni provincia d'Italia che ci danno il senso di come l'opposizione alla guerra all'Iraq rispecchi un sentire diffuso e generale nel paese", aggiunge la Albano del Forum sociale europeo. Sul fronte della sicurezza, la Questura di Roma ha fatto sapere che sono mobilitati oltre 5.000 agenti attorno ad una manifestazione che si sta svolgendo senza incidenti. A Roma sono arrivati, dicono gli organizzatori, almeno 27 treni speciali e migliaia di pullman da tutt'Italia, oltre a coloro che hanno viaggiato fin da ieri notte con mezzi propri. I manifestanti hanno sfilano accanto al Campidoglio,
toccato piazza Venezia,
via Nazionale, piazza della Repubblica,
via Dei Fori Imperiali,
Santa Maria Maggiore, via Merulana,
e raggiunto infine san Giovanni.
D'ALEMA - «La vergogna di questa giornata per la Rai č indimenticabile». Cosě Massimo D'Alema mentre sfila nel serpentone pacifista che attraversa Roma commenta la decisione dell'ente radio televisivo pubblico di non trasmettere la diretta della manifestazione. «Il fatto che quel moncherino di consiglio di amministrazione - osserva il presidente dei Ds - si sia impegnato a litigare sulla D'Eusanio, mentre il mondo č sull'orlo della guerra non č un problema di destra o di sinistra ma di un'azienda che ha perso i contatti con il mondo».
FINI - «Dopo le manifestazioni la pace non č purtroppo piů vicina. Anzi». Questo il commento del vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini sul corteo pacifista di Roma. «L'antiamericanismo ideologico e il pacifismo totalitario, ad ogni costo, compresa l'ignavia di fronte al terrorismo - aggiunge Fini - certo riempiono le piazze di arcobaleni e bandiere rosse, ma ancor piů certamente non indurranno Saddam a disarmare». segnalato da una MenteLunatica alle 2:26 PM
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Corriere --- 110 milioni di persone in piazza per la pace - Stima della Cnn sulle manifestazioni in tutto il mondo - Il record di presenze a Roma, poi Londra, Berlino e Parigi
Un successo planetario. Alle manifestazioni per la Giornata Internazionale per la Pace, secondo la Cnn hanno partecipato circa 110 milioni di persone. Quella di Roma, che ha oltrepassato sicuramente il milione di persone, anche secondo le Tv e le agenzie di stampa internazionali, č la piů imponente manifestazione della Giornata internazionale contro la guerra, seguita da Londra che dovrebbe aver sfiorato le 900.000 persone, Berlino (500.000 persone) e da Parigi (circa 400.000 manifesanti). Nel contiente americano si prevedono invece proteste in 250 cittŕ degli Stati Uniti, e manifestazioni in Canada e nei paesi dell'America Latina.
GRAN BRETAGNA - Un milione di persone a Londra sono scese in piazza per protestare contro l'azione militare in Iraq. I manifestanti si sono riuniti ad Hyde Park dove č stato allestito un palco dal quale hanno parlato il reverendo americano Jesse Jackson, Bianca Jagger, i laburisti Mo Mowlam, Tony Benn e Tam Dalyell, il leader dei liberal democratici Charles Kennedy, lo scrittore Harold Pinter e il sindaco di Londra Ken Livingstone. La polizia ha riferito che due uomini sono stati arrestati per reati contro l'ordine pubblico ed un terzo per possesso di armi e materiale xenofobo. Secondo gli organizzatori sono un milione e mezzo i manifestanti, mentre per la polizia sono centinaia di migliaia.
-Dublino-
GERMANIA - Oltre 500 mila persone hanno manifestato a Berlino per la pace. Si č trattato della piů grande protesta dalla caduta del Muro. I manifestanti hanno formato due cortei, partiti uno da est e l'altro da ovest della cittá per poi riunirsi nel centro di Berlino. La manifestazione č stata organizzata da oltre 40 tra organizzazioni per la pace, sindacati e partiti politici. Alla manifestazione ha partecipato anche il presidente tedesco, Johannes Rau.
-Berlino-
- Stoccarda -
FRANCIA - Tante persone in marcia anche nelle cittŕ francesi. I pacifisti d'oltralpe infatti non hanno voluto concentrarsi solo a Parigi, dove pure hanno sfilato oltre 400.000 persone, ma anche in diverse altre cittŕ. Tra i capoluoghi regionali le piů mobilitate sono state Marsiglia e Lione. A Lione, secondo la polizia, 10.000 persone hanno sfilato da piazza Bellecour verso piazza Terreaux, accompagnate da un’ampia rappresentanza di politici dei partiti comunista e socialista. Cifre contrastanti sulla partecipazione a Marsiglia: la polizia dice 5.000, gli organizzatori ribattono 20.000. Le marce contro la guerra sono state in realtŕ due, una tra piazza Castellane e il Vecchio Porto, l’altra - con 22 carri musicali - tra la porta d’Aix e piazza de la Joliette.
Parigi
GRECIA - Almeno 300mila persone hanno manifestato ad Atene ed in diverse cittá della Grecia contro la guerra. Nella capitale si sono registrati violenti disordini con i manifestanti, che hanno lanciato bombe incendiarie contro i poliziotti i quali hanno risposto con gas lacrimogeni. Alcune decine di manifestanti hanno preso d'assalto la sede del quotidiano di Atene, «Ta Nea», hanno incendiato alcune automobili e distrutto diverse vetrine dei negozi. Un grande striscione con la scritta «Nato, Usa e Ue uguale guerra» č stato affisso sulle mura dell'Acropoli. E gridando «la guerra non č l'unica risposta», i manifestanti si sono diretti verso l'ambasciata americana ad Atene, circondata da centinaia di poliziotti in assetto antisommossa. A Salonicco, dove hanno manifestato diecimila persone, un gruppo di giovani ha aggredito il governatore della regione, il conservatore Panayiotits Psomsiadis, che partecipava alla dimostrazione.
-Piazza Syntagma, ad Atene, invasa dal corteo per la pace. Sullo sfondo, il Parlamento greco-
SPAGNA - Decine di migliaia di spagnoli hanno manifestato a Madrid: hanno partecipato alla manifestazione esponenti del mondo dello spettacolo e molti politici, come il segretario generale del Psoe, Jose Luis Rodriguez Zapatero
BRUXELLES Una bambina tra le circa 30 mila persone scese in piazza
-La protesta davanti all'ambasciata americana a Mosca: in bella mostra un ritratto di Saddam Hussein -
«Perché vi volete uccidere a vicenda?», dice il cartello trasportato dai manifestanti attraverso il Ponte della Libertŕ a Budpest, in Ungheria
Strade affollate anche a Damasco, la capitale della Siria
Questo dimostrante di Cittŕ del capo, in Sud Africa, porta un cartello con la scritta: «No all'aggressione globale di Bush»
15 febbraio 2003
Corriere --- 150 mila persone nelle strade in Australia - Via ai cortei per la pace: il primo č a Melbourne - Manifestazioni anche a Wellington, in Nuova Zelanda: slogan contro la «guerra di Bush» anche in Giappone e Filippine
La prima imponente manifestazione di questa giornata mondiale contro la guerra, per via del fuso orario, si č svolta a Melbourne, nell'Australia meridionale, dove 150mila persone sono scese in strada: per gli organizzatori si č trattato della piů grande dimostrazione che si sia svolta nel paese dai grandi raduni contro la guerra del Vietnam. Nelle stesso ore, anche in Nuova Zelanda migliaia di persone riempivano le strade di Wellington scandendo slogan contro il «conflitto di Bush» in Iraq.
Il corteo per la pace organizzato a Auckland, in Nuova Zelanda, sfila nel quartiere a «luci rosse» chiamato «La Casa Bianca»
Stesse scene nelle strade delle maggiori cittŕ del Giappone e delle Filippine.
Dimostranti giapponesi sfilano di fornte all'ambasciata americana a Tokyo
NEL MONDO - Saranno milioni e milioni le persone che oggi scenderanno in piazza, da una parte all'altra del pianeta per dire no alla guerra in Iraq e chiedere la pace. Manifestazioni, cortei, happening ed eventi sono previsti in almeno 603 cittŕ, dagli Usa all’Iraq.
FINALE - In Nuova Zelanda si č approfittato dell’avvio della finale fra New Zealand e Alinghi per dare risonanza alla protesta. Un aereo con uno striscione con la scritta «No guerra, pace subito» ha sorvolato il campo di regata a Auckland prima della sfida fra le due imbarcazioni.
Intanto, migliaia di manifestanti organizzavano marce e sit in in tutte le principali cittŕ del Paese. In Australia, 150mila persone si sono reversate nelle strade di Melbourne per condannare l’adesione del governo australiano alla spedizione militare.
Migliaia di persone sono scese in piazza in diverse cittŕ asiatiche, da Tokyo in Giappone a Manila nelle Filippine, dove hanno marciato sull’ambasciata Usa.
IN ORIENTE - Manifestazioni anche a Seul la capitale della Corea del Sud e a Taiwan.
-Alcune giovani indonesiane in corteo a Taipei, la capitale di Taiwan. In inglese e cinese č scritto: «Difendiamo il popolo iracheno»-
Anche nello stato piů recente del mondo, Timor Est, centinaia di pacifisti hanno marciato per le strade della capitale, Dili. In Europa, circa 500 manifestanti hanno giŕ marciato ieri per le strade di Sarajevo in Bosnia, con cartelli e striscioni anti-Usa. Una manifestazione imponente č prevista a Londra, dove gli organizzatori contano di radunare una folla mai vista prima, cinquecentomila persone, superando l’affluenza della marcia pacifista dell’autunno scorso, che raccolse 400mila manifestanti.
IN FRANCIA - A Parigi, si prevede che almeno 25 mila pacifisti marceranno dalla piazza Denfert-Rochereau a quella della Bastiglia. Marce e sit-in anche a Berlino. Oltre un milione di persone, secondo le previsioni degli organizzatori, scenderŕ in piazza a Roma. Si prevede l’arrivo di 1300 bus e 26 treni speciali da tutt’Italia, secondo i dati della prefettura che fa una stima di «400-600 mila arrivi di manifestanti». Le manifestazioni poi si sposteranno in Canada e negli Stati Uniti. segnalato da una MenteLunatica alle 2:16 PM
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Su Iraq-Attack, diretta delle manifestazioni contro la guerra in Iraq. segnalato da una MenteLunatica alle 3:31 PM
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vendredi, février 14, 2003
Le rose che ci si scambia nel giorno di San Valentino possono essere causa di seri problemi di salute per gli Ecuadoriani che le coltivano. Lo si legge sul New York Times
Flowery Thoughts Valentine's Day has always been a time for shy sweethearts and special friends to exchange sentimental gestures, perhaps a heart-shaped card or a rose. We fully intend to share in this glow, even if it is a touch unnerving to recall that the first card to be inscribed "From Your Valentine" was sent to a Roman jailer's daughter by a Christian priest waiting to be beheaded.
It is also dismaying to learn that some of the 120 million or so roses we will be giving and receiving today may be the cause of serious health problems for the Ecuadoreans who grew them. As Ginger Thompson reported in yesterday's New York Times, the pesticides, fungicides and fumigants used to produce Ecuador's magnificent, baseball-sized flowers afflict untold numbers of greenhouse workers with maladies including headaches, nausea, fatigue and miscarriages.
Ecuador's success as a major rose producer is a terrific boon for the poor Andean country, and a terrific substitute for the opium poppies it used to produce. The wages of the 50,000 rose workers, most of them women, are significantly above the country's minimum wage, and many of the producers maintain safe workplaces. But as with so many other things produced in the developing world, we cannot blithely disavow responsibility for those who suffer under greedy and callous employers.
No one is calling for a boycott that would deny Ecuador a major source of revenue and employment. But European consumers have already begun pressing for better conditions, and organizations have been formed to identify responsible growers in Ecuador. We can start today by urging florists to find out how their roses were grown, and to pass their concerns back to distributors, importers and ultimately producers. Assure them that a clear conscience will make the roses even more desirable. If necessary, cite the immortal authority of the Bard (Sonnet LIV):
O, how much more doth beauty beauteous seem
By that sweet ornament which truth doth give!
What you say later to the recipient of the bouquet is up to you.
Happy Valentine's Day
AMNESTY INTERNATIONAL RICORDA CHE I DIAMANTI COSTANO SANGUE
L’anno scorso la Sierra Leone, quest’anno la Repubblica Democratica del Congo: in occasione della ricorrenza di San Valentino, Amnesty International ricorda che il vero costo dei diamanti rimangono le uccisioni, i ferimenti, l’impunita’, i conflitti armati di cui
fanno le spese centinaia di migliaia di civili..
Il movimento per i diritti umani segnala in particolare il caso della Repubblica Democratica del Congo. “Il sangue scorre ogni giorno nelle zone diamantifere di Mbuji-Mayi e la comunita’ internazionale gira la testa dall’altra parte per non vedere, per non intervenire” – ha dichiarato Umberto Musumeci, responsabile del coordinamento diritti economici e sociali della Sezione Italiana di Amnesty
International.
Nello scorso ottobre, una delegazione di Amnesty International ha potuto visitare la zona di Mbuji-Mayi, verificando l’esistenza di gravissime violazioni dei diritti umani, soprattutto ai danni di minatori illegali, in cerca di qualche piccola pietra con cui risolvere il problema della loro assoluta poverta’. Queste persone vengono uccise oppure, nei casi piu’ fortunati, gettate senza alcuna accusa ne’
condanna in prigioni affollate e fatiscenti.
“La Repubblica Democratica del Congo possiede immense ricchezze naturali che ne potrebbero fare un paese ricco e felice” – ha affermato Musumeci. “Cio’ nonostante, il paese e’ in coda alla classifica mondiale dello sviluppo umano. I responsabili di questa situazione ora gestiscono anche il commercio dei diamanti”.
Cio’ che accade nella zona diamantifera di Mbuji-Mayi e’ sintomatico: le istituzioni governative e giudiziarie sono inadeguate, corrotte e inefficienti, e cio’ rende piu’ facile l’appropriazione delle ricchezze del paese a spese dello sviluppo economico e sociale collettivo. Le peggiori violazioni dei diritti umani, commesse in questo clima di illegalita’ da forze di sicurezza spesso assoldate nello Zimbabwe, sono coperte da un clima generale di impunita’.
Amnesty International si appella alla comunita’ internazionale, all’industria della gioielleria, alla MIBA – la compagnia mineraria della Repubblica Democratica del Congo - e ai consumatori, perche’ vengano tutelati i diritti umani cosi’ gravemente e palesemente violati.
L’organizzazione per i diritti umani chiede in particolare che sia bloccato il commercio dei diamanti illegali attraverso l’applicazione rigorosa del Procedimento Kimberley, il sistema di certificazione per i diamanti grezzi entrato in vigore il 1° febbraio scorso, ma che va tuttavia integrato - pena la sua inefficacia - da altre norme che richiedano controlli severi, la trasparenza e l’uniformita’ delle statistiche.
L’accordo prevede che i paesi firmatari sottopongano la produzione, l’importazione e l’esportazione di diamanti grezzi ad un controllo basato su appositi certificati di origine che permettano di riconoscere e rintracciare la localita’ di estrazione. La maggior parte dei paesi firmatari (soprattutto i piu’ forti produttori ed i maggiori acquirenti) ha dichiarato di essere pronta ad applicare la nuova regolamentazione, ma non si conosce ancora la posizione di Cipro, Giappone, Malta, Thailandia, Ucraina. Inoltre, il corretto funzionamento di questo sistema dovrebbe eliminare le triangolazioni finora avvenute con il coinvolgimento di svariati paesi
africani e chiudere cosi’ degli importanti canali di smistamento dei diamanti provenienti da estrazione illegale.
“Un diamante, anche piccolo, deve restare un pegno d’amore e non puo’ essere il frutto di sofferenze inimmaginabili. Chi lo compra, chi lo commercia, dovrebbe assicurarsi della sua provenienza e della legittimita’ della sua estrazione e del suo commercio in tutto il mondo, per non diventare involontariamente un complice. Soprattutto nel giorno di San Valentino!” – ha concluso Musumeci. segnalato da una MenteLunatica alle 9:08 PM
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Copiate questo testo e mandatelo via email a quante piů persone potete
The population of Iraq is in imminent danger of a human rights and humanitarian catastrophe. Military action could trigger a disaster for the people of Iraq and surrounding countries.
Before it takes any further action, Amnesty International calls upon the UN Security Council to assess the human rights and humanitarian impact on the civilian population of any military action against Iraq.
The assessment should take place in a public session of the Security Council, open to all UN member states, and it must include consideration of:
- the potential effects of military action on the human rights of the Iraqi population.
- the effects on the humanitarian situation as Iraqis are already suffering under severe economic sanctions and violations by their government.
- the risk that military action would lead to massive numbers of people being forced into flight.
- potential grave violations of international humanitarian law, including direct attacks on civilians, the use of human shields and the use of inherently indiscriminate weapons.
Amnesty International urges the Security Council to deploy human rights monitors immediately throughout Iraq to report on human rights abuses by any party.
Join Amnesty International's call. Sign AI's online petition to the President of the Security Council at http://www.amnesty.org/go/iraq before 8 March. Please forward this message to others. Your appeal can make a difference. segnalato da una MenteLunatica alle 8:56 PM
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Appello di Amnesty International
Sul sito di Amnesty International potete trovare una petizione per invitare il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per valutare l'effetto umanitario che potrebbe avere un'azione militare in Iraq sulla popolazione civile.
La valutazione dovrebbe avvenire in una sessione pubblica del Consiglio di Sicurezza, aperta a tutti gli stati membri delle Nazioni Unite. Amnesty invita inoltre il Consiglio di Sicurezza a schierare immediatamente degli osservatori dei diritti dell'uomo in Iraq per segnalare eventuali abusi dei diritti umani da qualsiasi parte.
The President of the Security Council
His Excellency Dr Gunter Pleuger
Permanent Mission of Germany to the United Nations
Dear Dr Pleuger:
Before it takes any further action, I call upon the UN Security Council to assess the human rights and humanitarian impact on the civilian population of any military action against Iraq.
The assessment should take place in a public session of the Security Council, open to all UN member states, and it must include consideration of:
- the potential effects of military action on the human rights of the Iraqi population.
- the effects on the humanitarian situation as Iraqis are already suffering under severe economic sanctions and violations by their government.
- the risk that military action would lead to massive numbers of people being forced into flight.
- potential grave violations of international humanitarian law, including direct attacks on civilians, the use of human shields and the use of inherently indiscriminate weapons.
I urge the Security Council to deploy human rights monitors immediately throughout Iraq to report on human rights abuses by any party.
Yours Sincerely,
Oggi Human Right Watch ha pubblicato 25 pagine in cui fa il punto della situazione attuale dei rifugiati, degli sfollati, dei richiedenti asilo in Iraq e delle conseguenze allarmanti che avrebbe una guerra nel Paese.
Se la guerra cominciasse, la popolazione civile iraquena dovrŕ probabilmente fronteggiare una tremenda crisi: la guerra potrebbe impedire ai civili l'accesso a cibo e acqua o costringerli ad unirsi alle centinaia di migliaia di persone giŕ sfollate.
La maggior parte dei civili in Iraq dipende da infrastrutture centralizzate per l'approviggionamento del cibo, dell'acqua, dei prodotti sanitari, che saranno probabilmente immediatamente distrutte allo scoppio della guerra.
Le possibilitŕ d'una crisi sono particolarmente elevate nelle regioni centrali e meridionali dell'Iraq, dove decine di migliaia di persone contano per il loro sostentamento solamente sulle razioni del governo che potrebbero presto scarseggiare.
Le Nazioni Unite ed i gruppi umanitari stimano che ci sono tra 700.000 ed un milione di persone dislocate nell'interno dell'Iraq e tra 1 e 2 milioni di rifugiati fuori dal paese. Le agenzie delle Nazioni Unite hanno predetto lo scorso Dicembre che la guerra in Iraq potrebbe causare lo spostamento di un milione e centomila persone in piů in Iraq e che 900.000 persone potrebbero cercare rifugio fuori dal Paese.
Sebbene la guerra sia stata prospettata da mesi, governi interessati e Nazioni Uniti non sono ancora preparati a fronteggiare una tale emergenza umanitaria.
Se Stati Uniti ed alleati inizieranno una guerra e stabiliranno un controllo militare sul territorio iraqueno, avranno la responsabilitŕ, di fronte alle leggi internazionali, di fronteggiare i bisogni umanitari degli abitanti, compresi rifugiati e sfollati.
Anche i Paesi vicini avranno le loro responsabilitŕ. L'Iran, che ospita giŕ la piů grande popolazione di rifugiati nel mondo, ha mandato messaggi ambigui riguardo alla possibilitŕ di ammettere o meno altri rifugiati nel suo territorio. La Turchia ha stabilito da mesi che non onorerŕ i suoi obblighi internazionali per permettere ai rifugiati di entrare nel suo territorio. Anche i Paesi ad occidente dell'Iraq, compresi i Paesi europei, hanno avvisato che non permetteranno agli iraqueni di cercare asilo nel loro territorio. Sono previste restrizioni per i visti e misure di polizia.
La risposta alla possibile crisi umanitaria futura si prospetta sin da ora inadeguata.
25 pagine del rapporto di HRW: [+] Altro sull'Iraq: [+] segnalato da una MenteLunatica alle 8:36 PM
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mercredi, février 12, 2003
Birmania: Arrestati 12 attivisti politici
La giunta militare al potere in Birmania (Myanmar) ha riferito di aver arrestato 12 "attivisti politici", con l'accusa di aver complottato contro il governo.
L'ennesimo scontro tra i capi dell'esercito birmano ed i membri dei movimenti a favore della democrazia.
E mentre a Dar Es Salaam, in Tanzania, viene raggiunto l'accordo per il ritiro delle truppe ugandesi, UPDF, dal Congo...
...in Costa d'Avorio, i ribelli dell'Mpci lanciano un ultimatum di sette giorni al presidente Gbagbo per applicare gli accordi di Linas-Marcoussis e minacciano di marciare su Abidjan se non saranno applicati.
Nell'archivio di etcetera, riguardo a Congo e Costa d'Avorio: [+], [+], [+], [+], [+] segnalato da una MenteLunatica alle 12:58 AM
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Terrorists Still a Threat, U.S. Official Tells Afghans di Carlotta Gall
KABUL, Afghanistan, Feb. 10 — The American special envoy to Afghanistan said today that it was unacceptable that members of Al Qaeda and the Taliban were chased out of Afghanistan only to be given sanctuary in Pakistan's tribal areas, where Qaeda members are present.
The envoy, Zalmay Khalilzad, was in the Afghan capital to reassure the Afghan government and people of continued American support "no matter what happens in Iraq." At a news conference in the heavily fortified American Embassy in Kabul, he said recent fighting in southern Afghanistan had shown that terrorists, whether from the Taliban or Al Qaeda, still posed a significant problem.
There are some key Taliban figures in Pakistan, and I don't think all they are doing is having tea there and sitting in their homes," he said. "They are probably plotting and encouraging negative developments in Afghanistan. And it is also true there are some Al Qaeda people in the border areas."
Mr. Khalilzad would not comment on the level of assistance or encouragement the groups were receiving from official Pakistani channels, but said the United States government's understanding with the Pakistani leadership was that the groups should not be given sanctuary.
"We regard the Pakistani government to be a partner, and we will work with them to deal with these problems," he said.
There has been an increase in recent weeks in cross-border activity from Pakistan by militants opposed to the American presence in Afghanistan. Hundreds of American soldiers battled with rebels in southern Afghanistan two weeks ago, and have spent days since sweeping the mountains and caves to clear the area.
Afghan officials complain that Pakistan is not only doing nothing to apprehend Qaeda and Taliban troublemakers, but also that it is actively encouraging them. American military officials have also expressed frustration at Pakistan's failure to contain the cross-border activity.
Mr. Khalilzad also showed a rare sign of impatience with the Afghan government today, saying it needed to do "more and better" in its part in the reform and reconstruction of the country.
He reinforced the American commitment to assist Afghanistan even in the event of a war in Iraq. "The U.S. is capable of doing more than one thing at the same time," he said, "and resources required for Afghanistan, in its entirety, we are able to deliver on and we are committed to delivering on, no matter what happens in Iraq."
The United States has spent more than $840 million — in aid money, State Department expenditures and some military expenditure — since October 2001 in Afghanistan, Mr. Khalilzad said, and will continue the same level of spending through 2003. He added that President Bush would reinforce the American commitment in person when President Hamid Karzai visits Washington on Feb. 27.
But there was a new tone to this visit. His discussions over the last three days with Afghan officials have concentrated on the overhaul and reconstruction of Afghanistan's security, political and economic institutions, and he said the government was not doing enough.
"I would like to have seen more institution building, on the security track, the army, police and the justice system," he said. "There is a civil service commission that has to reform the bureaucracy; not much has been done. I hope and expect it will do more."
He added, "I do hear complaints about the quality of service that you still get from government departments."
An overhaul of the justice system has barely gotten under way, he said, and a United Nations program, supported by Japan, for disarmament, demobilization and reintegration of armed fighters into civilian life, was supposed to have happened this year but had not. The lack of progress on disarmament and demobilization, even in Kabul, had contributed to the unsatisfactorily slow pace of creating a new national army which the American government has responsibility for, he said.
Mr. Khalilzad also criticized the government for its failure to pay attention to the regions. He said the the United States was using its influence to make provincial leaders cooperate with the central government in paying taxes and cooperating on security. But he said the center needed to do its part.
"It should be looked at as a two-way street rather than a one-way street of the regions submitting to the center," he said. "The center needs to do better."
Afghanistan: i guerriglieri affrontano l'"International Criminal Court" - I futuri crimini di guerra potranno essere perseguiti
I guerriglieri afgani che commettono atrocitŕ ora dovranno affrontare il processo dalla International Criminal Court (ICC), dal momento che l'Afghanistan ha consegnato la sua sottoscrizione del Trattato dell'ICC alle Nazioni Unite. Il trattato sarŕ valido in Afghanistan dal primo maggio. Dopo quella data, l'ICC avrŕ l'autoritŕ per studiare e perseguire i crimini di guerra, genocidi ed i crimini contro l'umanitŕ commessi in terreno afgano. Finora i perpetratori di crimini di guerra e di crimini contro l'umanitŕ in Afghanistan avevano goduto l'impunitŕ totale. Il primo maggio, essa si concluderŕ formalmente.
Approfondimenti: [+] Notizie dall'Afghanistan su HRW: [+] segnalato da una MenteLunatica alle 12:50 AM
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Afghanistan: Nuovo attacco dei talebani al sud: 5 soldati morti
Continuano gli attacchi di ribelli di al Qaeda e di combattenti talebani. Dopo la terribile battaglia combattuta sulle montagne di Spin Boldak e l'attacco al Rambasani Bridge nei pressi di Kandahar, nel sud del paese, sabato alcuni sospetti combattenti talebani hanno attaccato un posto di sicurezza dell'esercito governativo.
Human Rights Watch e Amnesty International oggi hanno espresso il loro interesse riguardo agli arresti di due giornalisti in Cambogia in nome della libertŕ di pensiero.
Gli arresti dei giornalisti Mom Sonando e In Chan Sivutha e la chiusura delle uniche stazioni radio indipendenti in Cambogia compromette le elezioni nazionali previste per Luglio.
Durante lo scorso anno, giornalisti d'opposizione e media indipendenti sono stati sempre piů soggetti in Cambogia a minaccie, chiusure ed arresti del personale.
Questa soppressione della libertŕ di pensiero impedisce un'effettiva democrazia.
100000 persone da tutto il mondo hanno aderito all'appello di Survival di firmare una petizione per permettere ai Boscimani di Botswana di vivere nelle loro terre in tranquillitŕ.
La petizione č stata portata questa settimana nelle ambasciate di Botswana in 11 paesi: SudAfrica, Giappone, USA, Germania, Spagna, Zimbabwe, Inghilterra, Belgio, Svizzera, Svezia e Kenya. In Kenya la petizione č stata sottoscritta dai membri della tribů Ogiek, altra gente perseguitata, in segno di solidarietŕ.
Al culmine di 15 anni di persecuzione ed espulsione dei Boscimani dalle loro terre nella Riserva del Kalahari Centrale, i rifornimenti d'acqua sono stati distrutti, le loro case abbattute e i Boscimani condotti in campi.
Cento Boscimani hanno cercato di ricostruire le loro case nella Riserva ma sono stati regolarmente minacciati da ufficiali di governo.
Nell'archivio di etcetera: [+] segnalato da una MenteLunatica alle 12:26 AM
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Oltre diecimila persone, vestite di bianco e con un fiore in mano, hanno manifestato per protestare contro l'attentato terroristico compiuto venerdě contro un locale della capitale. Il bilancio č di 32 morti e 163 feriti. segnalato da una MenteLunatica alle 8:58 PM
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Egitto: Arresti di Massa di stranieri Africani rifugiati a Al Cairo
Centinaia di stranieri, compresi rifugiati e di richiedenti d'asilo, sono stati percossi ed imprigionati durante le due notti degli arresti razziali a Al Cairo. Durante le incursioni, avvenute il 28 ed il 29 gennaio, i poliziotti e le forze di sicurezza sono entrate nelle sedi senza mostrare identificazioni o garanzie, ed hanno arrestato gli stranieri, principalmente gente originaria dell'Africa sub-Sahariana. Altri stranieri sono stati arrestati mentre camminavano per le vie ed č stato loro impedito di tornare a casa per raccogliere le loro carte di identitŕ. Altri sono stati picchiati durante gli arresti ed hanno subito di conseguenza delle lesioni. Gli individui che portano le tessere d'identificazione blu, rilasciate dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sono stati arrestati insieme agli stranieri senza documento. La polizia ha ripetutamente detto loro che le tessere dell'UNHCR erano inutili.
Il recente raid č l'ultimo esempio delle violazioni dei diritti umani perpetrate dalla polizia egiziana contro i rifugiati e i richiedenti asilo. Altri raid hanno avuto luogo il 2 ed il 3 dicembre ed i primi di Gennaio e durante essi le persone sono state picchiate, arbitrariamente arrestate e detenute.
La minaccia della detenzione arbitraria, del trattamento cattivo e razziale continua a pendere su molti richiedenti asilo e rifugiati in Egitto.
Azerbaijan: La polizia fa incursione in un villaggio
Piů di 200 poliziotti armati sono entrati nel villaggio di Nardaran il mattino presto del 5 febbraio ed hanno attaccato gli abitanti che dormivano in un luogo di protesta. Almeno 15 abitanti sono stati feriti durante l'attacco della polizia durato 15 minuti, alcuni hanno subito gravi lesioni alla testa. Le autoritŕ hanno trattenuto otto persone ed hanno rifiutato loro la possibilitŕ di avere consulenti legali.
La polizia ha indirizzato la sua incursione contro una grande tenda nella piazza centrale di Nardaran, dove circa 60 uomini stavano dormendo.
Gli abitanti di Nardaran hanno fatto dello spiazzo una sede di riunione costante di dimostrazioni di protesta, da quando la polizia ha aperto il fuoco sugli abitanti il 3 giugno 2002, uccidendone uno e ferendone molte dozzine, mentre protestavano contro le dure condizioni sociali in Azerbaijan: enorme disoccupazione e scarsitŕ di gas ed elettricitŕ.
Approfondimenti: [+] Altre notizie dall'Azerbaijan su HRW: [+] segnalato da una MenteLunatica alle 8:36 PM
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