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etcetera

     

mercredi, décembre 03, 2003

 
Peggio che in Iraq
Che disastro serve per convincere i decisori internazionali ad intraprendere quei passi che portino alla pace in Uganda?


Sarebbero piů di 50 le vittime, tutti civili, di una serie di attacchi condotti nella regione di Lira, nord dell'Uganda dal sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra). Dopo diciassette anni di guerra civile il Paese č prostrato. "Una situazione umanitaria peggio di quella dell'Iraq" denuncia il sottosegretario all'ONU per le questioni umanitarie Jan Egeland.
Sono arrivati nei villaggi attorno a Lira senza sparare un colpo ma hanno condotto il loro massacro con asce e machete. Secondo fonti MISNA sarebbero almeno 53 i morti accertati ma molte sono le persone che mancano all'appello. Alcune di loro sono fuggite dai villaggi, altre sono state probabilmente rapite. Dal 1986 i ribelli dello Lra, guidati dal loro leader Joseph Kony, sconvolgono i distretti settentrionali ugandesi: in 17 anni di terrore hanno ucciso e torturato decine di migliaia di persone (almeno 100mila morti), rapito piů di 20mila bambini (ridotti in schiavitů o arruolati a forza nelle file della guerriglia) e provocato oltre 1 milione di sfollati.

Una dura denuncia della situazione arriva da Jan Egeland che dopo una missione nel Paese, e soprattutto nelle sue regioni settentrionali controllate dai ribelli della Lra, afferma che il disinteresse internazionale nei confronti della tragedia che si sta consumando in Uganda č un vero e proprio 'oltraggio morale'. "C'č ora da vedere", constata Matteo Fagotto di Warnews "se alle parole di Egenland seguirŕ un impegno piů deciso dell'ONU per cercare di risolvere il conflitto o se queste dichiarazioni resteranno lettera morta".

Il governo di Kampala, capitale dell'Uganda, ha risposto alle offensive delle ultime settimane della Lra decidendo di potenziare le LDU (Local Defence Units), sorta di milizie composte da civili incaricate di proteggere i campi profughi e le infrastrutture, permettendo cosě all'esercito di concentrare i propri sforzi nella caccia ai ribelli. Per ora le LDU contano circa 10.000 militanti, quasi tutti giovani che ricevono un sommario addestramento prima di essere spediti sul campo.

La decisione di Kampala non trova perň favorevole la comunitŕ religiosa locale, ed in particolare l'arcivescovo di Gulu, John Odama. Odama ha infatti detto che l'armare la popolazione civile per l'autodifesa complica solamente la situazione, facendo precipitare ancora di piů il Paese in quella spirale di violenza di cui č vittima da 17 anni. In questo modo, infatti, i ribelli avrebbero una giustificazione in piů per attaccare i civili che sarebbero visti come nemici.

"Alla comunitŕ internazionale questo conflitto non pare essere tanto diverso dai molti altri che caratterizzano l'intero continente africano. Ma che disastro serve accada per convincere i decisori internazionali ad intraprendere quei passi che portino alla pace nella regione?" si chiede Denise Lifton, in un articolo riportato recentemente da Oneworld.net.

Tratto da: unimondo

 
Cessate il fuoco.

I drammatici fatti che da tempo ormai si ripetono sempre piu' spesso,
in Iraq, in Afganistan, piu' recentemente anche in Turchia, e la
minaccia che questa spirale si allarghi a tutto il mondo spaventano
noi come, immaginiamo, tutti voi.
Per questo abbiamo deciso di lanciare un appello per dire basta, per
chiedere a tutte le "parti in causa" di CESSARE IL FUOCO, perche' ci
sembra giunto il momento di fermarsi a riflettere, e vorremmo che
tutti lo facessero, tutti coloro che usano le armi - siano esse bombe
sganciate dagli aerei o autobombe lanciate contro edifici.
Per una volta vorremmo che le parole sostituissero i proiettili, che
venissero prese in considerazione come strumento di dialogo.

Insieme con noi, lo promuovo Noam Chomsky, Ignacio Ramonet, Hans van
Sponeck, Rigoberta Menchu, Oscar Luigi Scalfaro, Riccardo Muti,
Ermanno Olmi e molte altre persone che ritengono indispensabile un
ritorno alla ragione e all'umanita'.
Chiediamo a tutti voi di aderire, sottoscrivendo l'appello "cessate il
fuoco" sul sito emergency.
Vi chiediamo anche di far conoscere a quante piu' persone possibile
l'esistenza di questo appello, e di invitarle a firmarlo, facendo
girare questa news o - meglio ancora - utilizzando il form sul sito.

Su Peace Reporter troverete l'appello in
diverse lingue, quindi potrete invitare all'adesione anche i vostri
amici all'estero.
Peace Reporter pubblichera' inoltre approfondimenti, news e interventi
sui temi proposti nell'appello.
Un'ultima cosa: se qualcuno ha riposto la bandiera arcobaleno o lo
straccio di pace, e' importante tirarli fuori, adesso.
Un abbraccio a tutti.

Dalla newsletter d'emergency

Il testo dell'appello

I cittadini del mondo non riescono neppure piů a piangere le tragedie del terrore: a una bomba segue un'autobomba, a ogni morto una vendetta che genera altri morti e altre vendette.
Nomi diversi – guerra, terrorismo, violenza – si traducono poi, tutti, in corpi umani fatti a pezzi e in pezzi di umanitŕ perduti per sempre.

Non vogliamo piů vedere atrocitŕ: č disumano che gli esseri umani continuino ad ammazzarsi.

Fermiamo questa spirale, o alla fine non resterŕ piů niente, nessuno avrŕ avuto ragione o torto, ci sarŕ solo una catena infinita di lutti e distruzioni.

Chiediamo a tutti coloro che stanno praticando e progettando attentati e guerre di fermarsi.

Chiediamo il tempo per riflettere, non possiamo assistere impotenti al dilagare della follia omicida.

A tutti coloro che promuovono la violenza, clandestini organizzatori di stragi o visibilissimi dittatori o presidenti, noi cittadini chiediamo: "cessate il fuoco!"

Una appello promosso da Emergency con:

Noam Chomsky, Docente Massachusetts Institute of Technology; Ignacio Ramonet, Direttore Le Monde Diplomatique; Oscar Luigi Scalfaro, Presidente della Repubblica 1992-1999; Hans van Sponeck, ex Coordinatore ONU per l'Iraq; Rigoberta Menchu', Premio Nobel per la Pace 1992; Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina 1986; Dario Fo, Premio Nobel per la Letteratura 1997; Jack Steinberger, Premio Nobel per la Fisica 1988;
Leonardo Boff, Filosofo; Tavola Valdese, Unione delle chiese valdesi e metodiste in Italia; Inge Schoental Feltrinelli, Editore; Gino Strada, Fondatore di Emergency; Ermanno Olmi, Regista;
Riccardo Muti, Direttore d'orchestra; Pietro Ingrao, Scrittore; Carlo Ossola, Docente College de France; Padre Alex Zanotelli, Missionario Comboniano; Rabbi Michael Lerner , Direttore rivista Tikkun; Sari Hanafi, Direttore Palestinian Diaspora and Refugee Centre; Peretz Kidron, Giornalista e scrittore; Yesh Gvul, Movimento dei soldati israeliani contro l'occupazione; Sylvie Coyaud, Giornalista; Farid Adly, Giornalista; Hebe de Bonafini, Presidente Madri di Plaza de Mayo; Teresa Sarti, Presidente di Emergency; Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera; Carlyle Vilarinho, Capo di gabinetto del Governo Brasiliano; José Graziano da Silva, Ministro "Fame Zero" del Governo Brasiliano; Amos Oz, Scrittore; Andrea Camilleri, Scrittore; Mons. Raffaele Nogaro, Vescovo di Caserta; Tiziano Terzani, scrittore; Giulietto Chiesa, Giornalista; Vauro Senesi, Giornalista; Franca Rame, Attrice; Lella Costa, Attrice; Moni Ovadia, Attore


lundi, octobre 27, 2003

 
La giostra boliviana di Eduardo Galeano

Un'immensa esplosione di gas: questa č stata la ribellione popolare che ha scosso tutta la Bolivia e che č finita con la rinuncia del presidente Sánchez de Lozada, che č fuggito lasciando dietro di sé una scia di morti. Il gas avrebbe dovuto essere mandato in California a un costo bassissimo e in cambio di misere regalie, attraverso le terre cilene che in altri tempi erano state boliviane. La partenza del gas da un porto del Cile ha gettato sale sulla ferita in un Paese che da piů di un secolo esige invano di recuperare l'accesso al mare perduto nel 1883 nella guerra vinta dal Cile.

Ma la destinazione del gas non č stato il motivo piů importante della furia che si č scatenata ovunque. L'indignazione popolare, a cui il governo, come sempre, ha risposto sparando, seminando di morti le strade, ha avuto un'altra ragione essenziale. La gente si č ribellata perché si rifiuta di accettare che con il gas succeda quanto accaduto con l'argento, il salnitro, lo stagno e tutto il resto.

La memoria fa male e insegna: le risorse naturali non rinnovabili se ne vanno senza dire addio, e non tornano mai piů.

Nel lontano 1870 un diplomatico inglese ebbe in Bolivia uno sgradevole incidente. Il dittatore Mariano Melgarejo gli offrě un bicchiere di chicha, la bevanda nazionale fatta di mais fermentato; il diplomatico ringraziň ma disse che preferiva il cioccolato. Melgarejo, con la sua delicatezza abituale, lo obbligň a bersi un secchio enorme di cioccolato e poi lo fece andare in giro in groppa a un asino, alla rovescia, per le strade della cittŕ di La Paz. Quando la regina Vittoria a Londra seppe l'accaduto, ordinň di portarle una cartina geografica, fece una croce sul Paese con un gessetto e sentenziň: «La Bolivia non esiste».

Questa storia l'ho sentita diverse volte. Sarŕ andata proprio cosě? Puň darsi di sě, puň darsi di no. Ma quella frase attribuita all'arroganza imperiale si puň leggere anche come una sintesi involontaria della storia tormentata del popolo boliviano.

La tragedia si ripete, la giostra gira e rigira: da cinque secoli le favolose ricchezze della Bolivia maledicono i boliviani, che sono i poveri piů poveri del Sudamerica. «La Bolivia non esiste»: non esiste per i suoi figli. Nella lontana epoca coloniale, per piů di due secoli l'argento di Potosí fu il principale alimento dello sviluppo capitalista europeo. Si diceva «Vale un Potosí» per elogiare ciň che non aveva prezzo. A metŕ del XVI secolo la cittŕ piů popolosa, piů cara e piů spendacciona del mondo sorse e s'ingrandě ai piedi della montagna che produceva argento. Quella montagna, il cosiddetto Cerro Rico, inghiotteva indigeni. «Le strade erano talmente affollate che sembrava che il regno stesse traslocando», scrisse un ricco industriale minerario di Potosí: le comunitŕ si svuotavano di uomini che, da ogni dove, camminavano prigionieri verso la bocca che portava nei cunicoli. Fuori, temperature di gelo. Dentro, l'inferno. Di dieci che ne entravano, ne uscivano vivi solo tre. Ma i condannati alla miniera, che duravano poco, producevano la fortuna dei banchieri fiamminghi, genovesi e tedeschi, creditori della corona spagnola, ed erano quegli indigeni a rendere possibile l'accumulazione di capitali che trasformň l'Europa in quello che essa č.

Che cosa ne č rimasto in Bolivia di tutto quello? Una montagna vuota, una innumerevole quantitŕ di indigeni uccisi dallo stremo e diversi palazzi abitati da fantasmi.

Nel XIX secolo, quando la Bolivia fu sconfitta nella cosiddetta Guerra del Pacifico, non perse solo il suo sbocco al mare, rimanendo rinchiusa nel cuore del Sudamerica, perse anche il salnitro.

Secondo la storia ufficiale, che č storia militare, il Cile vinse quella guerra, ma la storia reale constata che il viNcitore fu l'imprenditore britannico John Thomas North. Senza sparare un colpo e senza spendere un centesimo, North conquistň territori che erano stati della Bolivia e del Perů e divenne il re del salnitro, che a quel tempo era il fertilizzante imprescindibile per alimentare le stanche terre europee.

Nel XX secolo la Bolivia fu il principale fornitore di stagno nel mercato internazionale. I contenitori di latta che diedero fama a Andy Warlhol, provenivano dalle miniere che producevano stagno e vedove. Nella profonditŕ delle gallerie l'implacabile polvere del silicio uccideva per soffocamento. Agli operai imputridivano i polmoni affinché il mondo potesse consumare stagno a basso costo.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Bolivia contribuě alla causa degli alleati vendendo il suo minerale a un prezzo dieci volte piů basso del solito prezzo basso. I salari operai si ridussero al nulla, ci furono scioperi, le mitragliatrici sputarono fuoco. Simón Patińo, padrone del business e padrone del Paese, non dovette pagare indennizzi, perché l'uccisione col mitra non č un incidente sul lavoro.

All'epoca don Simón pagava cinquanta dollari all'anno di tasse sui redditi, ma pagava molto di piů al presidente della nazione e a tutto il suo gabinetto.

Lui era stato un morto di fame baciato in fronte dalla dea Fortuna. I suoi nipoti entrarono nell'aristocrazia europea. Si sposarono con conti, marchesi e membri di case regnanti.

Quando la rivoluzione del 1952 fece cadere Patińo e nazionalizzň lo stagno, il minerale che rimaneva era poco. Non piů dei resti di mezzo secolo di sfruttamento sfrenato al servizio del mercato mondiale.

Piů di cent'anni fa, lo storico Gabriel René Moreno scoprě che il popolo boliviano era «cerebroleso». Aveva messo sulla bilancia il cervello indigeno e il cervello meticcio e aveva constatato che pesavano circa cinque, sette e dieci once meno del cervello di razza bianca.

Di tempo ne č passato e il Paese che non esiste continua ad essere malato di razzismo. Tuttavia il Paese che vuole esistere, dove la maggioranza indigena non ha vergogna di essere quello che č, non sputa sullo specchio.

Quella Bolivia, stanca di vivere in funzione del progresso altrui, č il vero Paese. La sua storia, ignorata, abbonda di sconfitte e di tradimenti, ma anche di quei miracoli che sanno fare i disprezzati quando smettono di disprezzare se stessi e quando smettono di litigare fra loro.

Fatti stupefacenti, di grande vivacitŕ, stanno succedendo, senza andare tanto in lŕ, proprio di questi tempi. Nell'anno 2000, un caso unico al mondo: la gente de-privatizzň l'acqua. La cosiddetta «guerra dell'acqua» ebbe luogo a Cochabamba. I contadini camminarono dalle valli e bloccarono la cittŕ e anche la cittŕ si ribellň. Gli risposero a suon di proiettili e gas, il governo decretň lo stato d'assedio, ma la ribellione collettiva andň avanti, inarrestabile, finché nello scontro finale l'acqua fu strappata dalle mani dell'impresa Bechtel e la gente potč di nuovo innaffiare il proprio corpo e le proprie colture. (L'impresa Bechtel, con sede in California, riceve ora la consolazione del presidente Bush, che le regala contratti miliardari in Iraq).

Alcuni mesi fa, un'altra esplosione popolare in tutta la Bolivia vinse niente meno che il Fondo monetario internazionale. Il Fondo fece pagare cara la sua sconfitta con piů di trenta vite assassinate dalle cosiddette forze dell'ordine, ma la gente riuscě nell'impresa: il governo non potč far altro che annullare le imposte sui salari che il Fondo aveva ordinato.

Adesso č la volta del gas. La Bolivia contiene enormi riserve di gas naturale. Sánchez de Losada aveva chiamato capitalizzazione la sua mal dissimulata privatizzazione, ma il Paese che vuole esistere ha appena dimostrato di non avere una cattiva memoria. Ancora la vecchia storia della ricchezza che evapora in mani altrui? «Il gas č un nostro diritto», proclamavano gli striscioni nelle manifestazioni. La gente esigeva e continuerŕ ad esigere che il gas sia messo al servizio della Bolivia, e non che la Bolivia si sottometta, ancora una volta, alla dittatura del suo sottosuolo. Il diritto all'autodeterminazione, che tanto s'invoca e che si rispetta cosě poco, inizia da lě.

La disobbedienza popolare ha fatto perdere un business succulento alla multinazionale Pacific LNG, associata a Repsol, British Gs e Panamerican Gas, giŕ socia della ditta Enron, famosa per le sue abitudini virtuose. A quanto sembra la multinazionale rimarrŕ con la voglia di guadagnare, come pensava, dieci dollari per ogni dollaro d'investimento.

Dal canto suo, il fuggitivo Sánchez de Lozada ha perso la presidenza. Sicuramente non ha perso il sonno. Sulla sua coscienza pesa l'uccisione di piů di ottanta manifestanti, ma questa non č stata la sua prima carneficina e questo portabandiera della modernizzazione non si tormenta per nulla che non sia redditizio. In fin dei conti, lui pensa e parla in inglese, ma non l'inglese di Shakespeare: quello di Bush.

Trad. Marcella Trambaioli

Fonte: Il Manifesto, prima parte, seconda parte
L'articolo originale in inglese

dimanche, octobre 26, 2003

 
LA PACE AVVERRA' PER "EFFETTO FARFALLA"
di LEONARDO BOFF


Tutto nel mondo č dialettico, non perché l'hanno detto Hegel o Marx e prima di loro il pre-socratico Eraclito. Ma perché questa č la legge delle cose retta dal caos e dal cosmo, e dal sim-bolico (ciň che unisce) e dal dia-bolico (ciň che divide).
L'effetto dialettico della guerra della vergogna mossa da Bush contro l'Iraq č il trionfo del movimento per la pace che ha attraversato il mondo intero. Gli operatori di pace non sono solo i gruppi pacifisti, ma la societŕ civile mondiale che si č convinta (infine) che la guerra non č la soluzione per nessun problema. Essa č un problema per l'umanitŕ, poiché, se non fosse tenuta a bada, metterebbe fine all'umanitŕ. E questa volta non possiamo vacillare.
Nei giorni che hanno preceduto la guerra, come anche dopo, si sono susseguite per il mondo le manifestazioni per la pace. Un interlocutore scettico dell'interno della foresta amazzonica mi ha informato per e-mail che anche lŕ si sono svolte, con la partecipazione di indios, lavoratori impegnati nella produzione del caucciů o in attivitŕ collegate al grande fiume, manifestazioni per la pace con tanto di striscioni e slogan. E chiedeva la mia opinione, perché pensava che tutto questo non porta a nulla, perché il secolo XXI sarŕ il secolo degli Stati Uniti e la guerra "intelligente" č il mezzo incontrastato per imporre la "pax americana". Domandava: che significa per la pace mondiale gesto realizzato nel piů ignoto dei luoghi? Gli ho risposto piů o meno nei termini che seguono. Č convinzione dell'umano senso comune che la luce, per debole che sia, vale piů di tutte le tenebre insieme, perché basta un fiammifero acceso per esorcizzare tutta l'oscuritŕ di una stanza e mostrare l'uscita. La luce, per sua natura, fa il suo corso misterioso attraverso lo spazio e sarŕ sempre captata dagli spiriti di luce. Gli ho scritto anche che il bene possiede una forza singolare, come la forza dell'amore. Per questo nulla, pur nei limiti intrinsechi, resiste al bene. Esso finisce per trionfare. Similmente alla forza delle gocce di pioggia sugli immensi incendi in Amazzonia. Una goccia fa molto poco, tanto quanto l'acqua portata da un colibrě che, solidale, vuole dare anche lui il suo contributo. Ma la pioggia non č fatta di gocce? Sono molte gocce, milioni di gocce, quasi milioni di minuscoli colibrě che spengono in poche ore l'incendio piů indomito. É la forza invincibile del piccolo. É importante credere nella forza segreta della buona volontŕ, per minima che sia. Il bene non rimane circoscritto alla persona che lo pratica. Il bene č come la luce, una realtŕ di irradiazione. Come un'onda, segue il suo corso per il mondo, evocando il bene che č in tutti e rafforzando la corrente del bene. Il bene č il riferimento di ogni etica umana. Queste ovvie riflessioni vengono confermate dalla moderna teoria del caos, che allude all'effetto farfalla: un batter d'ali di farfalla nel mio giardino puň produrre una tempesta sul Pentagono. Cioč, tutto č interdipendente. A volte, l'anello apparentemente piů insignificante č responsabile dell'irruzione del nuovo. Qualcuno totalmente sconosciuto, per strada, punta il dito in alto e grida: «guarda, lŕ, lŕ». Puň essere qualunque cosa, che so, un oggetto non identificato. E in un momento, gruppi e moltitudini cominciano a guardare nella stessa direzione. Si dŕ l'effetto farfalla. Il piccolo ha prodotto il grande. In questa concatenazione, chi puň negare che la pace non possa essere lanciata a partire da questo ignoto villaggio dell'Amazzonia? Sě, dal piccolo potrŕ venire la forza segreta della pace.

Leonardo Boff, teologo della liberazione, Brasile.
Testo pubblicato sul n.35 di «ADISTA» del 10.05.2003.
 
Ma cosa hanno i governanti statunitensi nella testa?

Ultime notizie dall'Iraq.
Le citta' sono in preda al caos. La criminalita' e' oltre i limiti del sopportabile.
Ogni giorno muoiono soldati Usa, passanti, guerriglieri di varie fazioni e uomini di pace.
Gli Usa si stanno amaramente rendendo conto che le preoccupazioni dei pacifisti non erano acqua fresca. E sempre piu' appare chiaro che dicevamo il giusto quando sostenevamo che le prove della minaccia nucleare e batteriologica erano inventate dal governo Bush in netto contrasto con le informazioni fornite dalla CIA (vi ricordate il documentario della tv tedesca che trasmettemmo in "Ubu Bas va alla guerra"?).
L'ultimo scoop che siamo in grado di offrirvi lo trovate sui siti della resistenza laica anti Saddam (che ora cercano di costruire una transizione morbida verso l'autonomia del paese dagli Usa e la creazione della democrazia nel paese).

La grande notizia e' che pare proprio che Bush abbia deciso di peggiorare la gia' disgraziata situazione del paese.
Questa volta ci troviamo di fronte a un'azione di una stupidita' e di un cinismo abnormi. Come potrebbe l'amministrazione Usa mostrare al mondo che tutto cio' che ha fatto era pretestuoso e, contemporaneamente, scatenare una guerra civile totale in Iraq?
Qual e' il piano piu' insensato che si potrebbe realizzare?
Allearsi ai superstiti del regime di Saddam e coprirli di soldi e di armi (un'altra volta, gli Usa lo fecero gia' 30 anni fa).
Lo so che non riuscite a crederci ma pare che stia succedendo proprio questo. Anche se nessuno lo dice.
Vogliono reintegrare i burocrati del deposto regime nel governo e nella polizia, a patto che la smettano con la guerriglia e li aiutino (un'altra volta) a far fuori l'opposizione islamica (il partito di Saddam, si ricordera', e' sempre stato laico e ha sempre represso i fondamentalisti islamici nel sangue).
Tradotto in parole povere, l'astuto piano dell'orango tango presidenziale e' quello di riportare al potere la dittatura di Saddam senza Saddam. In fondo e' un vecchio sistema. Anche in Italia si allearono con gli ex fascisti in funzione anticomunista. E in Afghanistan con i fondamentalisti islamici contro i Sovietici. Cioe' non riescono a uscire da questo copione mentale.
Sembra la vecchia storia del villaggio che si vuole liberare dei topi e alla fine e' invaso dai gatti. E poi usa i cani per scacciare i gatti e gli elefanti per scacciare i cani e alla fine sceglie di usare i topi per far scappare gli elefanti.
Ma lo fanno apposta?
Forse si. Si tratta di un pessimo sistema se si desidera la pace ma e' eccellente se vuoi la guerra e cerchi di mantenere l'umanita' sull'orlo del baratro della guerra mondiale e vendere cosi' un numero spropositato di armi. Con questo sistema inoltre si ottengono spaventosi finanziamenti federali per l'esercito, i servizi segreti e le guerre stellari. E quando il nemico e' alle porte certi appalti diventano segreti e puoi star certo che il Presidente possiede una quota nella societa' che prende in appalto la ricostruzione di un paese sotto controllo militare. Un nome a caso: Carlyle. Petrolio, pozzi, petroliere, petroliodotti, palazzi, ponti, porti e pattume. Gente che in una guerra ci sguazza come le papere nel vin brule'.
(Che le papere ci sguazzino ve lo garantisco io che in materia sono un'autorita' internazionale)
Insomma c'e' da restare interdetti. E pregare che gli venga una botta di buon senso. Per chi volesse conoscere l'andamento della situazione (sapendo l'arabo): iraq4allnews.

PS
Ci siamo. Il 3 novembre atlantide.tv sara' in onda su Planet. Ore 19:00-01:00-04:00-14:00. Tutti i giorni.
(www.atlantide.tv)

PPSS
Suppongo stiate seguendo lo psicodramma censorio nazionale: censurare o no la coppia Fo-Rame?
Non mi dilungo sul tema per ragioni di decenza. Rimando, per chi non lo avesse visto, all'articolo di domenica scorsa.

Jacopo Fo

Fonte: alcatraz
 
News dal Centro protesi 'Amel' in Algeria

Il primo paziente del Centro protesi di Medea che Emergency ha assunto come assistente nel laboratorio ortopedico si chiama Ayoub, ha 19 anni e tre anni fa ha perso una gamba per l'esplosione di un ordigno nel suo campo.
Dopo l'incidente Ayoub aveva perso il lavoro e non ha potuto continuare gli studi, come sempre accade soprattutto in contesti "difficili"; anche in Algeria Emergency privilegia i disabili nella scelta dello staff nazionale per dare loro una opportunita' di tornare membri attivi e produttivi della societa'.
Il Centro protesi e riabilitazione di Medea, che si chiama "Amel" (speranza) ha accolto i primi pazienti il 5 agosto scorso, mentre la prima protesi č stata applicata il 20 dello stesso mese.
Il progetto di Emergency di aprire un Centro Protesi in Algeria per le
vittime del terrorismo nasce su richiesta delle autorita' algerine. Nella zona la lista di pazienti in attesa di una protesi e della necessaria riabilitazione conta oltre 400 persone, con una significativa presenza di vittime di atti terroristici. Chi oggi porta le conseguenze piů gravi dell'estrema violenza degli atti terroristici degli ultimi anni, sono soprattutto le popolazioni delle montagne intorno a Medea che di fatto non hanno mai avuto accesso alle strutture sanitarie nazionali e che sono costretti a vivere con arti amputati o con protesi assolutamente inadeguate.
A partire dal mese scorso č stato anche possibile ricoverare i primi pazienti utilizzando due piccole corsie di degenza dell'ospedale adiacente: anche chi viene da lontano ha ora la possibilita' di rimanere a Medea il tempo necessario per le cure.

Anche nell'ospedale di Goderich, in Sierra Leone, un ex-paziente č stato assunto; potete leggere la sua storia in "medici di guerra inviati di pace".

***

CAMBIAMO FINANZIARIA

Nel sito sbilanciamoci si possono leggere le motivazioni e il testo della quarta "controfinanziaria" preparata da Sbilanciamoci: "una coalizione di trenta organizzazioni della societŕ civile che elabora un rapporto annuale nel quale, oltre a dare una lettura complessiva degli orientamenti di politica economica che emergono dalla legge Finanziaria e dal Bilancio dello Stato, sviluppa proposte alternative, puntuali e sostenibili su come usare la spesa pubblica per la societŕ, l'ambiente e la pace".

Emergency aderisce all'iniziativa sin dal suo primo anno (2000), con particolare attenzione, ovviamente, ai temi dei diritti e della pace che vi trovano spazio e rilievo.

E' possibile sostenere questa "controfinanziaria", manifestando condivisione del suo contenuto, firmando la petizione "Cambiamo finanziaria" sul sito.

Fonte: Emergency

lundi, octobre 20, 2003

 
Nell'anno 1944, il 20 ottobre uno dei peggiori e cinici massacri
nei confronti della popolazione civile di Milano.


In tale data - erano le 11,24 - una formazione di circa 96 quadrimotori angloamericani si portň sulla cittŕ per colpire gli insediamenti industriali dove si temeva celassero produzioni belliche (BREDA, FALCK, PIRELLI, ALFA ROMEO e altri).
Delle tre squadre che componevano il gruppo d'attacco la prima venne messa fuori gioco per un inconveniente tecnico, la seconda fu la sola che riuscě a colpire la BREDA mentre la terza, non si sa per quale motivo si trovň fuori rotta di 22 gradi; il comandante resosi conto troppo tardi aveva solo due possibilitŕ: o proseguire in quella direzione liberandosi del carico in aperta campagna, oppure sganciare immediatamente sulla cittŕ il carico di morte, anche se sotto di lui non c'erano obiettivi militari ma solo abitazioni civili. Decise per la seconda soluzione, che era giŕ cinica come scelta, e il destino volle che un grappolo di bombe centrň in pieno una scuola elementare dove si stavano svolgendo le normali lezioni, e che giŕ al primo allarme le avevano appena interrotte per recarsi ai rifugi.
Nel quartiere di Gorla quel giorno si contarono circa 703 vittime, tra questi quasi 200 bambini dai 6 agli 11 anni, dalla prima alla quinta elementare, unitamente ai loro maestri, e alcune mamme che, dopo il primo allarme, apprensive erano accorse con in braccio altri bambini, per condurli nei rifugi.

Link: 200 piccoli angeli
piccolimartiri


dimanche, octobre 05, 2003

 
Apat si', Apat no
Con un decreto ministeriale dell'8 agosto 2002 veniva creata l'Apat, Agenzia per la protezione dell'ambiente e per servizi tecnici; vi confluisce il lavoro dell'Anpa, Agenzia nazionale per l'ambiente, che insieme alle sue strutture regionali (Arpa) esegue i monitoraggi dei livelli d'inquinamento in Italia.
Con una circolare del 16 maggio 2003 il ministero dell'Ambiente invita tutti gli uffici dell'Apat a interrompere le proprie attivita' "in attesa delle nuove norme che s'intendono emanare in materia ambientale".
Le nuove norme non sono ancora arrivate e domani all'Apat inizia il 15.mo torneo consecutivo di Briscola.

da C@C@O
 
Atlantide.TV
Cineprese impazzite correvano sulle colline
di Jacopo Fo


Praticamente siamo in piena strutturazione di Atlantide.tv. Che non sia una situazione semplice lo si puo' immaginare.
L'idea per noi ora e' quella di continuare a lavorare testa bassa. Abbiamo un solo imperativo assoluto produrre il meglio per il 3 novembre, data a partire dalla quale Atlantide.tv sara' in onda.
Dove? Come? Questo lo comunicheremo poi. Non vogliamo rovinarvi la sorpresa.
Qui si parla solo di grafica, cartoni animati, messa a fuoco, esposimetri, luci, audio in panne, programmi di montaggio. Mini dv, Dvd, Dv cam, Beta, Ccd, pixel e altra roba del genere. Quello che ho capito e' che al di sotto di 180 Gigabyte non si discute neanche.
Comunque questo non conta.
Alla fine l'importante e' se questa tv fara' ridere e riuscira' a raccontare quello che i media dominanti tacciono.
Stanno arrivando le albe, da Torino, dalla Liguria, dall'Africa. E interviste a donne che in un minuto raccontano storie di molestie quotidiane, le notizie di Cacao lette da piu' di 150 persone sono gia' state montate, insieme alle sigle, le lezioni di teatro e di scrittura, le battute di Daniele Luttazzi e la pubblicita' dei riduttori di flusso. Sono gia' attive un paio di redazioni locali e altre si stanno organizzando.
Arrivano video sciamanici dal Giappone, lezioni di Watsu dalla California e lezioni di danza del ventre da Forli'. A volte mandano un video a volte vengono direttamente a Alcatraz a farsi riprendere.
Sabato scorso c'erano all'opera 7 set contemporaneamente. Hollywood Umbria.
Ovviamente oltre alle rose e ai fiori ci sono dei porcospini feroci da affrontare.
Come accade in tutte le grandi imprese a un certo punto tutto si ingrippa e sembra che non vada. Ma questa deve andare.
Deve andare a tutti i costi.
C'e' troppa roba che bisogna far vedere in giro. Troppi claun esilaranti, troppi ballerini incantati, troppe bugie sull'Iraq, troppi silenzi.
Lo facciamo per noi, perche' ci stiamo veramente appassionando a questa avventura. Ma lo facciamo anche per un minimo di rispetto verso le cose.
E' giusto diventare media noi stessi. Continuare a lamentarsi perche' la tv disinforma sui condoni edilizi, fiscali, energetici, morali non e' utile e fa venire le rughe intorno agli occhi.
E poi, fino a quando Angela Labellarte continuera' a cucinare delizie biodinamiche possiamo andare avanti a girare, montare, recitare, fare palinsesti e inchieste e contabilizzare il tutto su comodi fogli Excel.
E speriamo che questa tv ti piacera' in maniera pazzesca e che ci darai una mano a farla e a far sapere che esiste.
Loro hanno tv miliardarie. Ma noi abbiamo un vantaggio fondamentale: siamo vivi.
Per questo siamo piu' simpatici e telegenici.

P.S.: Domenica prossima (il 12) saremo alla Marcia della pace, in zona Bastia, cioe' poco prima dell'arrivo a Assisi e ci esibiremo nel tradizionale Pediluvio per i Marciatori dai Piedi Stanchi (un presidio medico sanitario godurioso). Cerchiamo chi venga a darci una mano (o un piede (ok e' una battuta scema ma non ho resistito, chiedo perdono e' stato piu' forte di me)) a partire dalle 9 del mattino. Cercaci e vieni indossando vestiti da claun, da dinosauro o da qualunque altra entita' che possa comunicare la tua distanza psicologica dalla normalita' delle Multinazionali del Dolore. Sono gradite bande musicali, pattinatori, trampolieri, fenicotteri.
L'arte e' rivoluzionaria!
Una risata li seppellira'.
 
Emergency: Aggiornamenti sul progetto Sierra Leone

Il Centro chirurgico di Goderich a novembre compirŕ due anni.
Le attivitŕ proseguono ad un ritmo costante ed intenso con una media di 140
pazienti chirurgici al mese.
Sono da poco terminati i lavori per la costruzione di due nuove corsie accanto
al blocco che giŕ ospita le altre quattro. La necessitŕ dell'allargamento si č
imposta da un lato perché sono in costante aumento i pazienti traumatizzati
dall'altro per garantire una migliore assistenza ai pazienti pediatrici.
Una volta attive, le sei corsie - con una capacitŕ che si avvicina ai 100 posti
letto - permetteranno di riprendere a pieno regime anche la chirurgia elettiva
che negli ultimi mesi č stata sacrificata per far fronte alle continue urgenze.
Il costante aumento di pazienti chirurgici č dovuto alla crescente notorietŕ di
Emergency nel Paese oltre ai buoni rapporti con gli ospedali statali e le altre
Ong presenti in Sierra Leone che trasferiscono a Goderich i loro pazienti.
Questo dimostra anche che, sebbene siano in corso investimenti per la
ricostruzione di strutture sanitarie, nessuna di esse č ancora in grado di
prestare servizi adeguati e il centro di Emergency rimane l'unico centro di
riferimento per la chirurgia oltre che l'unica struttura che offre formazione
allo staff medico.
A questo proposito un grande, recente risultato č stato raggiunto attraverso un
corso di sei mesi per infermieri di anestesia che si č svolto presso il centro
di Goderich.
Gli infermieri sono ora riconosciuti dal Ministero della Sanitŕ e abilitati
oltre che ad esercitare la professione anche a formare nuovi colleghi.
Ricordiamo che in Sierra Leone la classe medica č tuttora praticamente
inesistente e fino a poche settimane fa in tutto il paese si trovava un solo
medico anestesista.



dimanche, septembre 28, 2003

 
Lettera di Mia Couto al President Bush in "Savana", 21 Marzo

Presidente Bush,

sono uno scrittore di una nazione povera, un paese che č giŕ stato incluso nella vostra lista nera. Milioni di mozambicani ignorano che male vi abbiano fatto. Siamo piccoli e poveri: che minaccia possiamo rappresentare? La nostra arma di distruzione di massa, in fondo, č rivolta verso di noi: č la fame, la miseria. Ebbene io, povero scrittore di un povero paese, ho fatto un sogno. Come Martin Luther King una volta sognň che l'America era la nazione di tutti gli americani. Ho sognato che non ero un uomo, ma un Paese.

Sě, un Paese che non riusciva a dormire perché viveva spaventato da cose terribili. Quel timore mi ha portato a esprimere una richiesta che, nel sogno, aveva a che vedere con Lei, caro Presidente. Esigevo che gli Stati Uniti d'America procedessero con l'eliminazione delle loro armi di distruzione di massa. Esigevo inoltre che ispettori delle Nazioni Unite fossero inviati nel vostro Paese.

I fatti che alimentavano il mio sospetto purtroppo erano reali, e non prodotti dal sogno. La lista č cosi lunga che ne sceglierň soltanto qualcuno. Eccoli.

- Gli Stati Uniti sono l'unica nazione al mondo che ha lanciato bombe atomiche su altre nazioni; il suo Paese č stato l'unico ad essere condannato per "uso illegittimo della forza" dal Tribunale Internazionale di Giustizia;

- Le forze americane hanno istruito e armato fondamentalisti islamici fra i piů estremisti (compreso il terrorista Bin Laden) col pretesto di rovesciare gli invasori russi in Afghanistan; il regime di Saddam Hussein a stato appoggiato dagli Stati Uniti mentre metteva in alto le peggiori atrocitŕ contro iracheni (compreso il massacro dei curdi con i gas);

- Come molti altri leader legittimi, l'africano Patrice Lumumba venne assassinato con I'aiuto della CIA (fu arrestato e torturato, poi gli spararono in testa e il suo corpo venne disciolto nell'acido cloridrico);

- Come tanti altri fantocci, Mobutu Seseseko venne posto al potere da vostri agenti, e concesse speciali servizi allo spionaggio americano; l'invasione di Timor Est da parte dei militari indonesiani ha ottenuto l'appoggio degli Stati Uniti; nell'agosto del 1998, le forze aeree degli Stati Uniti hanno bombardato in Sudan una fabbrica di medicinali, chiamata Al-Shifa. Un errore? No, si trattava di una rappresaglia in seguito agli attentati di Nairobi e Dar-es-Saalam.

- Dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, gli Stati Uniti hanno bombardato: la Cina (1945-46), la Corea e la Cina (1950-53), il Guatemala (1954), l'Indonesia (1958), Cuba (1959-1961), il Guatemala (1960), il Congo (1964), il Peru (1965), il Laos (1961-1973 ), il Vietnam (1961-1973), la Cambogia (1969-1970), il Guatemala (1967-1973), Grenada (1983), il Libano (1983-1984), la Libia (1986), il Salvador (1980), il Nicaragua (1980), l'Iran (1987), Panama (1989),l'Iraq (1990-2001), il Kuwait (1991), la Somalia (1993), la Bosnia (1994-95), il Sudan (1998), I'Afganistan (1998), la Jugoslavia (1999).

Svegliandomi, sono passato dall'incubo del sonno a quello della realtŕ. La guerra che Lei, Signor Presidente, si č ostinato a voler intraprendere, ci potrŕ liberare da un dittatore. Ma diventeremo tutti piů poveri. Avremo meno speranza in un futuro governato dalla ragione e dalla morale. Avremo meno fiducia nella forza regolatrice delle Nazioni Unite. Resteremo, alla fine, piů soli e abbandonati.

Signor Presidente, l'Iraq non č Saddam. Sono 22 milioni di madri e figli e di uomini che lavorano e sognano come fanno i comuni nordamericani (...)

Alla fine, ci libereremo di Saddam. Ma continueremo ad essere prigionieri della logica della guerra e dell'arroganza. Non voglio che i miei figli (né i suoi) vivano dominati dal fantasma della paura. E che pensino che, per vivere tranquilli, abbiano bisogno di costruirsi una fortezza. E che saranno solo al sicuro quando dovranno spendere fortune in armamenti.

Il vescovo americano Monsignor Robert Bowan, le ha scritto, alla fine dell'anno scorso, una lettera intitolata: «Perche il mondo odia gli Stati Uniti?».

Bowman, vescovo delta chiesa cattolica della Florida, ha combattuto in Vietnam. Sa cos'e la guerra, e ha scritto: "Siamo obbiettivo dei terroristi perché , nella maggior parte del mondo, il nostro governo ha difeso la dittatura, la schiavitů e lo sfruttamento degli esseri umani. Siamo obbiettivo dei terroristi perché siamo odiati. E siamo odiati perche il nostro governo commette cose odiose".

La maggior minaccia che incombe sull'America non sono gli armamenti degli altri ma l'universo di menzogne che si č creato intorno ai vostri cittadini. Il pericolo non č il regime di Saddam, né nessun altro regime. Bensě il sentimento di superioritŕ che sembra animare il suo governo. Il suo nemico principale non č fuori. E' dentro agli Stati Uniti.

Io vorrei poter festeggiare la caduta di Saddam Hussein. E festeggiare con tutti gli americani. Ma senza ipocrisia, senza argomenti ad uso di minorati mentali. Perche noi, caro Presidente Bush, noi, i popoli dei paesi piccoli, abbiamo un'arma di costruzione di massa: la capacitŕ di pensare.

di Mia Couto
(scrittore mozambicano, una delle voci piů interessanti delle letteratura africana contemporanea. Alcune delle sue opere sono tradotte in italiano)

(Traduzione di Roberto Francavilla)

Testo integrale inglese

jeudi, septembre 11, 2003

 
AMNESTY INTERNATIONAL: CILE, TRENT'ANNI DOPO NON POSSONO ESSERCI PIU'
SCUSE PER L'IMPUNITA'


"Quest'anno l'anniversario del colpo di Stato militare dovra' essere
marcato dal pieno impegno delle autorita' cilene per raggiungere verita',
giustizia e riconciliazione e per assumere tutte le misure necessarie al
fine di riconoscere e rispettare i diritti delle vittime delle violazioni
dei diritti umani e delle loro famiglie". E' quanto dichiarato da Amnesty
International alla vigilia del trentesimo anniversario del golpe diretto
da Augusto Pinochet, che diede vita a un regime militare che governo' il
Cile fino al 1990.

Tredici anni dopo il ritorno del governo civile, molte preoccupanti
questioni ? come l'impunita' per gli autori delle gravi violazioni dei
diritti umani commesse sotto il regime militare e la richiesta di piena
riparazione per le vittime e le loro famiglie ? rimangono irrisolte nella
lotta per affrontare la pesante eredita' di 27 anni di gravi abusi dei
diritti umani.

"Il colpo di Stato dell'11 settembre 1973 divise la societa' cilena e
inauguro' una catena di eventi brutali le cui ripercussioni si avvertono
ancora oggi, a 30 anni di distanza" ha affermato Amnesty International.
"Di fronte agli attuali richiami all'unita' nazionale, occorre ribadire
che un'effettiva riconciliazione non potra' essere raggiunta fino a quando
non saranno stabilite verita' e giustizia".

Le diffuse e sistematiche "sparizioni", esecuzioni extragiudiziali e
torture di cui si rese responsabile il regime militare cileno
costituiscono crimini contro l'umanita'. La sorte della maggior parte
degli "scomparsi" resta sconosciuta e la vasta maggioranza dei
responsabili di quelle violazioni dei diritti umani rimane impunita.

Le recenti proposte in tema di diritti umani avanzate dal governo cileno
rappresentano un passo positivo, ma Amnesty International continua a
intravedere diversi ostacoli sul cammino per ottenere quella giustizia,
quella verita' e quella riparazione per cui le vittime e le loro famiglie
stanno lottando da 30 anni. Il principale di questi ostacoli e' costituito
dal Decreto legge 2191 del 1978, conosciuto come Legge di amnistia, che
garantisce l'immunita' dai procedimenti giudiziari ai militari implicati
negli abusi dei diritti umani commessi all'indomani del colpo di Stato e
fino al marzo 1978.

"Questa legge, che ha ostacolato la verita' e la giustizia per 25 anni, e'
incompatibile con gli obblighi assunti dal Cile sulla base del diritto
internazionale. Deve essere invalidata e abolita" ha sottolineato
l'organizzazione per i diritti umani.

Un altro ostacolo e' rappresentato dall'ampia giurisdizione dei tribunali
militari, che va ridotta. Le autorita' cilene devono assumere i
provvedimenti opportuni per far si' che i casi di violazioni dei diritti
umani commesse dalla giunta militare siano esaminati da corti civili.

Inoltre, l'impunita' per i violatori dei diritti umani non deve essere
perpetuata attraverso amnistie, provvedimenti di grazia o ulteriori atti
che garantiscano l'immunita' dai procedimenti giudiziari ai militari che
sostengono di aver agito eseguendo ordini superiori. Amnesty International
ricorda che invocare il rispetto degli ordini superiori in caso di crimini
contro l'umanita' e' assolutamente proibito dal diritto internazionale.

Dopo 30 anni di campagne per i diritti umani in Cile, Amnesty
International rinnova la richiesta a nome di migliaia di vittime affinche'
le autorita' agiscano immediatamente per dare seguito ai propri recenti
propositi attraverso un programma di piene indagini e riparazioni.

Ulteriori informazioni
Un mese fa, il presidente Ricardo Lagos ha reso noto il programma del
governo per affrontare l'eredita' degli abusi dei diritti umani commessi
sotto il regime militare di Augusto Pinochet. Le proposte del governo
vengono finalmente incontro alla richiesta di migliaia di vittime della
tortura, che chiedono il riconoscimento ufficiale della sofferenza patita
e una riparazione per questa gravissima violazione dei diritti umani. Due
commissioni governative istituite all'inizio degli anni 1990 hanno
ufficialmente documentato 3197 casi di vittime di "sparizioni", esecuzioni
extragiudiziali e uccisioni a seguito di tortura sotto il regime militare.
Tuttavia, questi dati non comprendono le migliaia di vittime di tortura
sopravvissute a quell'incubo.

COMUNICATO STAMPA DI AMNESTY INTERNATIONAL
Roma, 10 settembre 2003

"Su cio' di cui non si puo' parlare, non si deve tacere... ma si deve scrivere"

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